Cagliostro - 1975

Il “Secolo dei Lumi” è stato un periodo storico ricco di contraddizioni. All’apparente frivolezza delle arti e dei costumi si è contrapposto l’uso lucido della ragione, la tendenza al voler conoscere e trovare risposte non più affidate a dogmi e consuetudini. La figura di Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, incarna queste contrapposte tendenze. La sua esistenza di avventuriero in perenne bilico tra ciarlataneria e sapienza, tra picaresca disonestà e autentica sete di sapere è stata leggendaria.

La pellicola Cagliostro (1975) di Daniele Pettinari, basata sul romanzo ‘Cagliostro, il taumaturgo’ di Pier Carpi, reinterpreta i fatti storici con grande libertà. L’autore ha rielaborato il memoriale scritto dal protagonista durante gli anni della prigionia, si è ispirato alle testimonianze dei contemporanei ed ha scelto consapevolmente di distaccarsi dalla verità storica. La pellicola è ricca di simbolismi esoterici e psicoanalitici, ed è lontana dai consueti stereotipi tipici delle biografie. Negli anni Sessanta e Settanta celebri film e popolari sceneggiati televisivi raccontavano le vite degli uomini famosi, alternando il rigore della divulgazione storica alle esigenze dell’intrattenimento. Accanto a valide produzioni ancora oggi famose come La vita di Leonardo da Vinci, Marco Polo, Ligabue, ce ne sono state tante altre più ingenue, realizzate con mestiere e mezzi contenuti. Lo schermo si popolava di attori truccati in modo da assomigliare quanto più possibile all’iconografia nota al grosso pubblico, e tutti venivano ripresi in inquadrature statiche. Gli esiti talvolta apparivano  tanto artificiosi da rasentare l’humor involontario. Le pellicole rappresentavano le tappe più celebri delle biografie, come se fossero documentari, oppure riproponevano il binomio genio e sregolatezza. Enfatizzando le scelte di vita sopra le righe, gli sceneggiatori potevano mostrare quanti problemi ed infelicità ne derivassero. Il fine didattico e moraleggiante più o meno esplicito lasciava spazio a numerose parti sentimentali in cui il protagonista amoreggiava castamente con la bella di turno.
Daniele Pettinari (qui alla sua unica regia), insieme allo sceneggiatore Pier Carpi, rifuggono questo modello di bio pic, e propongono per il ‘loro’ Cagliostro, un espressivo Bekim Fehmiu (1936-2010). L’attore jugoslavo, noto per aver dato il volto a Ulisse nella trasposizione televisiva dell’Odissea, appare molto diverso dai ritratti pervenutici, e non ci sono trucchi che si sforzino di simulare una seppur vaga somiglianza con Giuseppe Balsamo. Il protagonista entra in scena già adulto, spinto alla sua missione da visioni mistiche. Si tacciono le misteriose origini di questo giovane insofferente alla dura pedagogia del collegio. La chiamata alla conoscenza esoterica ha il sapore di un viaggio interiore, ricco di simbolismi e personaggi fuori dal tempo. Lo spettatore si immerge in un’atmosfera onirica e le peregrinazioni divengono tappe di un cammino iniziatico. Anche il legame con la bella Serafina rappresenta la concretizzazione della parte femminile dell’anima dell’alchimista: il potere magico deriva dalla piena consapevolezza di tutte le sfumature del proprio essere. Di conseguenza, le parentesi rosa vengono lasciate da parte, e Serafina resta sulla scena accompagnando Cagliostro nel suo percorso iniziatico.

Volutamente la pellicola tradisce la Storia; la ricostruzione degli ambienti e dei costumi è a tratti fantasiosa, e addirittura gli eventi vengono rivisitati, anche quando documenti e testimonianze lascerebbero poco spazio all’immaginazione. Pare che nella realtà Cagliostro avesse per compagna Lorenza, e la spingesse alla prostituzione per adescare ricchi nobili ed entrare nelle grazie dei potenti. In seguito Lorenza avrebbe cambiato nome in Serafina, a testimoniare la maturazione avvenuta nella sua esistenza.
Nel film Giuseppe Balsamo e Cagliostro sono due persone distinte, e altrettanto Serafina e Lorenza. L’ipotesi, sebbene assai suggestiva, è improbabile; è invece credibile l’esistenza di svariati avventurieri pronti a spacciarsi per Cagliostro per sfruttarne la popolarità.
Proprio queste figure picaresche hanno ispirato lo svolgimento della pellicola. Il Papa, preoccupato dalla crescente fama del veggente, teme il diffondersi  delle sue idee di uguaglianza e libertà. Approfitta di una coppia di girovaghi, due dei tanti che si spacciavano per Cagliostro e sua moglie davanti al popolino; li convince ad interpretare sempre quel ruolo, certo di presentare il mago e guaritore come un qualsiasi ciarlatano da fiera. Il rozzo Balsamo accetta e sta così bene al gioco da trasformarsi poco a poco in un taumaturgo in grado di compiere miracoli. A quel punto il Papa fa catturare il vero Cagliostro, Serafina e la coppia di impostori. Uccisi i girovaghi, fa processare l’autentico Cagliostro dal tribunale dell’Inquisizione, commuta la condanna a morte in carcere a vita e lo fa rinchiudere nella fortezza di San Leo di Montefeltro. Serafina finisce i suoi giorni tra le torture.

Cagliostro (1975)Verità vorrebbe che Cagliostro sia morto dopo svariati anni di prigionia in una cupa cella e Lorenza abbia trascorso gli ultimi anni dimenticata da tutti. Sullo schermo la narrazione prende una direzione inaspettata. Quando le truppe di Napoleone calano in Italia e giungono al carcere, trovano la celle vuota e una spada, simbolo del potere esoterico. Cagliostro sarebbe dunque fuggito o comunque la forza che lo animava sarebbe scomparsa con la morte della sua parte femminile.
Lo spettatore viene lasciato libero di credere a un’evasione in grande stile, può scorgere nel delirio del mago che avverte la perdita di Serafina i sintomi di una malattia mortale, oppure può abbandonarsi alla poesia. Il potere di Cagliostro è rappresentato dalla spada ed è per certi versi analogo a quello di Excalibur, arma emersa per liberare la terra dalle tenebre e tornata sotto la superficie del Lago, in attesa di un nuovo Re che la impugni. Cagliostro diviene così lo strumento della conoscenza e del libero pensiero, pronto a sfidare la tirannia dei sovrani assoluti e l’oscurantismo di buona parte del clero. Compiuta la sua missione, esce di scena.
La pellicola si concentra sulla caratterizzazione del personaggio, mostrandone l’entusiasmo talvolta ingenuo, la fede smisurata nella sua missione, il grande carisma. La narrazione cerca di catturare l’alone di mistero sprigionato da Cagliostro, piuttosto che attenersi ai fatti comprovati ed inscenarli con rigore. Grazie alle scelte narrative tanto radicali il film resta interessante anche a distanza di molti anni dalla sua realizzazione. Lo spettatore non si trova ad assistere ad una ricostruzione pacchiana o sottotono, peggiorata dai progressi tecnologici. Guidato da immagini e battute suggestive si avvicina a tematiche impegnative, trattate con assoluta modernità.
La concezione del sapere magico si avvicina a quanto sostengono alcuni antropologi: è un potere che si concretizza perché fa leva su paure e interrogativi condivisi dalla società. I prodigi compiuti possono essere frutto dell’ignoranza della gente comune, pronta ad ingigantire banali coincidenze. La Scienza settecentesca ancora non trovava spiegazione a molti fenomeni, e così anche i potenti e i personaggi più istruiti potevano divenire facili prede della suggestione. Lo stesso Papa da cardinale aveva provato personalmente il potere del sapiente, e forse dietro la commutazione della pena c’era un sincero timore di smuovere poteri arcani. Le profezie che Cagliostro dispensa a Maria Antonietta potevano essere autentiche divinazioni oppure una lungimirante interpretazione dei tanti segnali di malcontento diffusi sia tra la plebe affamata, sia tra i militari affiliati alla Massoneria.
Di certo, la corruzione della curia romana e le paure del Papa la dicono lunga su quanto fosse temuto il libero pensiero, fosse esso diffuso da scienziati o da veggenti. La magia, proprio come la scienza, è un modo per conoscere e cambiare se occorre l’andamento naturale della vita, a proprio piacimento. Mutano ovviamente i mezzi, eppure l’atteggiamento è analogo: lo scienziato o lo stregone si sottraggono al dominio di una volontà superiore per affermare l’indipendenza dell’uomo da qualsiasi forma di provvidenza o arbitrio divino.

Stregone oppure ciarlatano, occultista oppure arrampicatore sociale, la natura del personaggio rimane volutamente ambigua, e fuori dal tempo. L’assenza di precise datazioni e la rapidità con cui vengono trattati alcuni episodi, tra tutti il furto della collana avvenuto alla corte francese sono probabilmente una scelta imposta dal dover privilegiare le atmosfere oniriche piuttosto che rappresentare i singoli fatti. Fughe repentine, visioni autentiche o simulate ad arte, voltafaccia dei potenti, glorie inattese, comportamenti ai limiti della legalità: la vita di Cagliostro è stata un susseguirsi di alterne fortune, mal sintetizzabili nei tempi di una pellicola. Purtroppo c’è poco spazio anche per fornire allo spettatore nozioni su chi fossero i Rosacrociani, su quali fossero i riti, il credo e i doveri dei Massoni, sui rapporti tra Papa e Compagnia di Gesù, sulle miserie e gli splendori dell’epoca. La pellicola presuppone una minima conoscenza di questi argomenti, lasciati sullo sfondo eppure necessari per una piena comprensione dei fatti. Lo spettatore può essere stimolato a far luce su un personaggio tanto controverso, e può godersi una biografia piacevolmente lontana dagli stereotipi di genere.

 

Autore: Cuccu’ssette – Stanchi del ”solito” cinema ? Troverete su Fendenti & Popcorn recensioni di pellicole fantasy, fantascientifiche, horror, surreali, storiche, famose o tutte da scoprire.

 

TitoloCagliostro
Anno: 1975
Regia: Daniele Pettinari
Produzione: Italia – Rodolfo Putignani Produzioni Cinematografiche – durata: 108 min.
Sceneggiatura: Pier Carpi, Enrica Bonaccorti, Daniele Pettinari
Fotografia: Giuseppe Pinori
Musica: Manuel De Sica
Interpreti: Bekim Fehmiu, Curd Jürgens, Evelyn Stewart (Ida Galli), Rosanna Schiaffino, Massimo Girotti, Luigi Pistilli


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