ChrisLee01 Christopher Frank Carandini Lee, più conosciuto come Christopher Lee (1922-2015), è stato l’indiscusso principe delle tenebre del cinema horror, soprattutto britannico. Egli fa parte della seconda generazione di divi dell’horror, dopo Lon Chaney Senior, Boris Karloff e Bela Lugosi. Uomo colto e raffinato e di origini aristocratiche (da parte della madre italiana), Lee portò sugli schermi con magnetismo ed eleganza personaggi malvagi ma attraenti, ben lontani dai patetici e tragici mostri solitamente impersonati da Chaney e Karloff. Non possedeva le doti mimiche ed espressive di quest’ultimi ma la sua presenza imponente, il suo portamento elegante e il carisma innato che emanava, bucavano lo schermo. Nato a Londra nel 1922, Lee era figlio di un ufficiale dell’esercito britannico (Geoffrey Trollope Lee) e di una bellezza aristocratica di origini italiane, (Estelle Marie Carandini dei marchesi di Sarzano), ritratta all’epoca da vari pittori e dalla scultrice Clare Frewen Sheridan. Ma i suoi genitori divorziarono presto quando egli aveva 4 anni e la madre lo portò insieme alla sorella Xandra in Svizzera a Wengen. Qui, ancora adolescente, ha interpretato il suo primo ruolo di ‘cattivo’ nei panni dello gnomo Tremotino in un adattamento teatrale della celebre fiaba dei Fratelli Grimm. In seguito la famiglia ritornò a Londra dove Christopher frequentò la Wagner’s private school e il Wellington College. Intanto la loro condizione economica migliorò, dopo le difficoltà insorte a seguito del divorzio, quando sua madre si risposò con il banchiere Harcourt Rose, zio dello scrittore Ian Fleming. Di carattere inquieto e avventuroso, Lee inizialmente aveva lavorato in un ufficio a Londra in Leadenhall Street dove era incaricato di servire il thè e trasportare le macchine da scrivere. Desideroso di girare il mondo che allora era in buona parte sotto il dominio britannico, parte da Londra per unirsi alla polizia Sud Africana in Rhodesia e nel 1939 prese servizio nella Royal Air Force e da lì nello spionaggio inglese, in particolare nella Special Operations Executive, l’organizzazione segreta incaricata di effettuare sabotaggi dietro le linee nemiche. Sempre nel 1939 aveva trovato il tempo per arruolarsi volontario (per sole 2 settimane) nelle fila finlandesi contro l’Unione Sovietica, anche se non entrò mai in contatto con il nemico russo, come ammise nella sua autobiografia. Seppur addestrato al volo in Sud Africa, durante la Seconda guerra mondiale, a causa di un problema alla vista, Lee fu assegnato a uno squadrone della RAF come ufficiale a terra in Nord Africa e in Italia. Ma Lee fu sempre molto ‘riservato’ riguardo le sue esperienze belliche al servizio dell’intelligence britannica: “Ero distaccato presso i SAS di tanto in tanto, ma ci è proibito –  per il passato, presente o futuro – discutere di eventuali operazioni specifiche. Diciamo solo che ero nelle forze speciali e lasciamo le cose come stanno. La gente ci può leggere quello che più gli piace“. Dopo il congedo dalla RAF nel 1946, Christopher Lee, uomo brillante e di bell’aspetto, iniziò la sua carriera d’attore sotto l’egida della Rank Organization con cui firmò un contratto di sette anni, grazie anche all’appoggio dell’ambasciatore italiano Nicolò Carandini, cugino della madre. Il suo debutto avvenne nel 1948 nel film Il mistero degli specchi di Terence Young, per una piccola parte in una pellicola all’insegna del fantastico che richiama il Dorian Gray di Oscar Wilde. Sempre nel 1948 Lee fece una apparizione non accreditata nel film Amleto di Sir Laurence Olivier e nel melodramma storico Sarabanda tragica di Basil Dearden. Nel corso degli anni ’50 Lee si fece le ‘ossa’ in numerosi film in ruoli prevalentemente d’azione. Lavorò per registi importanti come John Huston in Moulin Rouge del 1953 (dove incontrò il suo futuro ‘partner’ nell’horror, Peter Cushing, pur non condividendo le stesse inquadrature) e Moby Dick (1955). Ma naturalmente fu il genere horror a dargli fama imperitura, per via del suo fisico imponente (era alto circa 195 cm), la voce profonda ed inquietante, i lineamenti affilati e lo sguardo gelido e crudele. Sulle orme di Boris Karloff, Lee esordì nell’horror con La maschera di Frankenstein (1957) nella parte della creatura, nel film che doveva rilanciare il cinema gotico britannico nel mondo sotto il marchio della casa di produzione Hammer.

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La maschera di Frankenstein (1957)

Per la parte del mostro la Hammer cercava un attore, non solo di alta statura, aspetto essenziale per il ruolo, ma anche un interprete che sapesse trasmettere, senza fare ricorso alla parola, tutto il pathos e la forza bruta racchiusi nel mostro di Frankenstein, figura tragica dotata anche di una componente umana. Rispetto al classico mostro di Karloff, il regista Terence Fisher con il truccatore Phil Leakey diede vita ad una creatura del tutto nuova che risultasse più credibile e in qualche modo più aderente al racconto di Mary Shelley. Lo stesso Lee contribuì a ideare e a caratterizzare in un certo modo l’aspetto e il comportamento del mostro che all’inizio Leakey non sapeva come rappresentare. Come il predecessore Karloff, anche Lee dovette sopportare stoicamente i disagi dovuti al pesante trucco a cui era sottoposto che gli impediva persino di nutrirsi in maniera appropriata e di muovere la testa e il collo che tendeva a riempirsi di materiale appiccicoso. Nonostante l’interpretazione superba fornita non era questo il ruolo della vita per Christopher Lee, tanto più che il suo personaggio era (volutamente) messo in secondo piano rispetto a quello del Barone Frankenstein impersonato dal collega Peter Cushing; infatti per Fisher il vero mostro da mettere in luce era lo scienziato amorale e senza scrupoli. Comunque, nel riproporre i classici mostri americani della Universal, la scelta successiva della Hammer ricadde ancora su Christopher Lee per la parte del Conte Dracula, figura a cui si è indissolubilmente legato il nome dell’attore. Egli fu abile a portare a questo personaggio tutto il suo fascino personale e la sua superba voce che non aveva potuto mettere in evidenza nella quasi muta creatura di Frankenstein. Probabilmente Fisher riteneva Lee un attore piuttosto limitato ed inespressivo (ma lo stesso si potrebbe anche dire di John Wayne o Clint Eastwood) ma seppe sempre metterne in evidenza il portamento maestoso e le movenze eleganti e minacciose al tempo stesso. In Dracula il vampiro (1958) il simbolismo implicito del teatrale Dracula (1931) di Bela Lugosi viene sostituito con un terrore più manifesto e sanguinario unito ad una visione del vampirismo visto anche come minaccia sessuale e come trionfo degli istinti più brutali.

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Dracula il vampiro (1958)

Il Dracula di Lee non ha le facoltà soprannaturali di trasformarsi in pipistrello o lupo ma è un vampiro infinitamente più terribile, non solo per i suoi occhi rossi sfolgoranti e le zanne affilate, ma soprattutto perché appare come un uomo, un tipo di uomo differente e temibile che esercita sulle sue vittime (preferibilmente di sesso femminile) un’irresistibile e malefica attrazione. Visto il successo riscosso dal personaggio del conte transilvano al cinema, in seguito Christopher Lee ha interpretato Dracula in altri undici film di cui sette prodotti dalla Hammer. Successivamente l’attore londinese dimostrò una certa insofferenza per il diabolico conte, arrivando a minimizzare od omettere nei ricordi pubblici e nella sua autobiografia le sue interpretazioni vampiresche. In effetti, dopo il capolavoro di Terence Fischer, gli altri film su Dracula non hanno aggiunto granché al personaggio. Dopo il successo iniziale di Dracula il vampiro, Lee, temendo forse di rimanere ingabbiato nel personaggio, accettò di vestire i panni di Dracula per la seconda volta solo nel 1965 (dopo molteplici rifiuti) in Dracula, principe delle tenebre, sempre sotto la direzione di Fischer. Si tratta di un buon film, ma il problema di questa pellicola, come delle seguenti di marca Hammer, è costituito dalla mancanza di un antagonista ‘forte’ per Dracula, che nel primo film era rappresentato da Van Helsing, interpretato dall’amico Peter Cushing, attore di un certo calibro. In questo secondo capitolo Lee, avendo trovato banali le battute dei dialoghi, si limitò a recitare solo con la sua presenza e i suoi sguardi. Negli anni ’70 si cercò di rinnovare il personaggio ambientando le storie in tempi moderni (1972: Dracula colpisce ancora! e I satanici riti di Dracula) con risultati curiosi ma non particolarmente esaltanti. dracula-principe-delle-tenebre L’irrequieto Christopher Lee indossò i panni di Dracula anche in produzioni non di marca Hammer, come Il conte Dracula (1970) diretto dal regista spagnolo Jesús Franco. Il film è noto per essere uno degli adattamenti cinematografici più fedeli (almeno nelle intenzioni) del Dracula di Bram Stoker. Infatti, come nel romanzo, il celebre vampiro (qui in versione baffuta) ringiovanisce progressivamente man mano che si nutre delle sue vittime. Ma Lee, che aveva creduto nel progetto di un Dracula aderente a quello letterario, rimase alla fine deluso; in effetti Franco, andando stranamente contro le sue caratteristiche di regista visionario e fuori dagli schemi, girò un film fiacco e frenato anche negli aspetti erotici che erano il suo cavallo di battaglia. Lee, consapevole che nuove generazioni di vampiri sempre più efferati, perversi e mostruosi si apprestavano ad invadere gli schermi, abbandonò definitivamente gli scomodi panni di Dracula nel 1976 con il film francese Dracula padre e figlio, simpatica parodia diretta da Edouard Molinaro. Il poliedrico Christopher Lee, pur essendo stato eletto dai fan come inamovibile principe delle tenebre, nella sua carriera d’attore è andato ben oltre Dracula, come egli stesso amava ricordare in varie occasioni. Negli anni ’60 si recò in Italia per prendere parte a varie pellicole del nascente cinema horror nostrano. Nel torbido e perverso melodramma gotico La frusta e il corpo (1963) di Mario Bava, Lee ci offre una delle sue interpretazioni più articolate e sottili nel ruolo di un uomo (Kurt) che intrattiene una morbosa relazione dalle implicazioni sadomaso (aspetto insolito per l’epoca) con la bella Nevenka, interpretata dalla splendida attrice israeliana Daliah Lavi, che vediamo godere languidamente sotto i colpi della sua frusta. Ne Il castello dei morti vivi (1964) di Lorenzo Sabatini, Lee interpreta il conte Drago in una parte piuttosto di maniera. Più autorevole la prova fornita nel classico del gotico La cripta e l’incubo (1964) di Camillo Mastrocinque con Lee nella parte, per lui ormai usuale, di un altro nobile castellano, il conte Ludwig che deve salvare la figlia dall’influenza malefica della strega vampira Sheena. Certo, non tutte le parti che gli vennero offerte in Italia erano all’altezza, come nel soporifero ma strambo filmetto Sfida al diavolo (1963) di Giuseppe Veggezzi, dove interpreta (con poco entusiasmo) un ruolo diabolico. Oppure nel gotico La vergine di Norimberga (1963) di Antonio Margheriti, dove risulta un po’ sprecato nel ruolo secondario di un custode sfregiato.

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La frusta e il corpo (1963)

Difficile elencare tutti i film horror (oltre Dracula) e non solo, a cui ha preso parte il leggendario attore. Nel 1958 lo troviamo a fianco del grande Boris Karloff in Prima dell’anestesia (Corridors of Blood) nel ruolo del sinistro ladro di cadaveri Resurrection Joe. Nel 1959 interpreta un altro classico mostro della scuderia Universal (nel ruolo che fu di Karloff) con La mummia di Terence Fisher ma sotto il pesante trucco è poco riconoscibile. Ne Lo sguardo che uccide (1965) Lee, in un ruolo positivo, deve sventare la minaccia della temibile Gorgone del mito che pietrifica le vittime con lo sguardo. Ma in merito ai pessimi effetti speciali della creatura, l’attore affermò ironicamente: “L’unica cosa che non va in The Gorgon è la Gorgone! “. Sempre da Karloff, Christopher Lee ‘ereditò’ il personaggio del diabolico dottor Fu Manchu che interpretò in ben cinque film fra il 1965 e il 1968. Nel 1966 è Rasputin in Rasputin, il monaco folle, diretto da Don Sharp. Lee, appassionato di studi storici, aveva sempre voluto interpretare un grande e controverso personaggio storico come Rasputin, anche se questo film della Hammer, pur avvalendosi della sua valida e solida interpretazione, non fa certo della verosimiglianza storica il suo punto di forza. L’interesse che l’attore provava per questa singolare figura probabilmente era legata al fatto che quando era bambino era stato presentato al Principe Yusupov e al Gran Duca Dimitri Pavlovich, gli uccisori di Grigori Rasputin. Nel gotico tedesco La tredicesima vergine (1967) di Harald Reinl, Lee impersona con il consueto carisma una variante di Dracula, il conte Regula che aspira all’immortalità mediante una dieta a base di sangue di ragazze vergini. Ne La rossa maschera del terrore (1969), tratto liberamente da Edgar. A. Poe, Lee per la prima volta lavora con il grande Vincent Price, considerato il suo contraltare statunitense per l’aspetto aristocratico, i modi raffinati e l’alta statura. Le due ‘star’ si incontrano ancora nell’inconsueto horror fantascientifico Terrore e terrore (1969) (sempre per la regia di Hessler), dove un misterioso scienziato (Price) cerca di costruire un umanoide sovrumano, costituito da parti di esseri viventi, per dar vita ad una razza superiore. Qui l’attore inglese veste i panni di un ambiguo capo dell’intelligence, ambiente che conosceva bene per esperienza diretta. Nel 1971 si cimenta con un altro grande ‘mostro’ della tradizione, nel film La vera storia del dottor Jekyll di Stephen Weeks, ennesima trasposizione del celebre racconto di Stevenson. L’interpretazione del degenerato alter ego Hyde (Blake nella versione originale) è resa ottimamente, molto simile ad un tossico disadattato che si inietta la pozione tramite una siringa.

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Horror Express (1972)

Lee e Cushing, la coppia horror più famosa, si riforma ancora una volta in occasione del film Horror Express del 1972, diretto dal regista spagnolo Eugenio Martín.
Questo interessante horror dai risvolti fantascientifici vede i due interpretare degli antropologi (rivali) alle prese, a bordo di un treno, con un alieno rinchiuso in un antico fossile di uomo che si risveglia con nefaste conseguenze. Ma probabilmente la migliore interpretazione di Christopher Lee nel genere horror ci viene fornita nel cult The Wicker Man (1973) dove veste con disinvoltura i panni di Lord Summerisle, capo di una comunità di isolani scozzesi che praticano antichi culti pagani di origine celtica. Fortemente convinto della validità di questo film controverso e un po’ maledetto per via delle sue traversie produttive, si è sempre rammaricato che fosse andata perduta la versione originale integrale.  Contrariato da quei film del terrore che ricorrevano a facili effetti gore per rimediare ad una sostanziale scarsità di mezzi e di inventiva, Lee aveva fondato una casa di  produzione, la Charlemagne, insieme a un ex produttore della Hammer, Anthony Nelson-Keys. Risultato di questo sodalizio produttivo fu il film Il cervello dei morti viventi (Nothing But the Night – 1972) dove insieme all’amico Cushing fornisce un’ottima prova recitativa, in una pellicola basata maggiormente sul mistero e sulle atmosfere piuttosto che su scontati effetti orripilanti.

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The Wicker Man (1973)

Nel 1976 partecipa all’horror demoniaco Una figlia per il diavolo, ultima pellicola horror prodotta dalla storica casa cinematografica inglese Hammer prima della bancarotta del 1979. La chiusura della Hammer segnò la fine di un’epoca per il cinema horror ma non per Christopher Lee, attore versatile e professionale come pochi, che diversificò ancora di più le sue interpretazioni, anche al di fuori del genere che lo rese famoso. Nel film Vita privata di Sherlock Holmes (1970) è stato il fratello di Sherlock Holmes, sotto la regia del grande Billy Wilder. Nel 1974 è stato l’antagonista di James Bond in Agente 007 – L’uomo dalla pistola d’oro nel ruolo di Francisco Scaramanga, il cattivo famoso per l’abitudine di uccidere i suoi nemici con pallottole d’oro sparate sempre da una pistola d’oro. Si mise al servizio anche della televisione, lavorando per varie serie tv, oggi considerate di culto, tra cui L’ora di Hitchcock (1964), Agente speciale (1967-1969), Spazio 1999 (1976), Charlie’s Angels (1980), I racconti del mistero e del terrore (1995)… In anni più recenti Tim Burton lo ha voluto con lui ne Il mistero di Sleepy Hollow (1999), La Fabbrica di cioccolato (2005), Alice in Wonderland (2010) e Dark Shadow (2012). Anche Martin Scorsese lo ha voluto in Hugo Cabret (2011), per interpretare la parte di un saggio libraio. Sempre di recente è stato chiamato per due ruoli importanti in grandi produzioni fantasy: lo stregone Saruman il Bianco nelle trilogie de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit e il conte Dooku nella trilogia prequel di Guerre stellari. Tra il prestigioso cast che ha lavorato al Signore degli Anelli, Lee era l’unico che poteva vantare di aver incontrato di persona il creatore della saga J. R. R. Tolkien, conosciuto in un pub di Oxford quando era studente.

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Il Signore degli Anelli

Ma il film che Lee reputava il più importante della sua carriera è stato Jinnah di Jamil Dehlavi (1998) sulla vita di Muhammad Ali Jinnah, il padre fondatore del Pakistan.
Attore prolifico ed instancabile con quasi 280 film all’attivo, Chris Lee spaziava anche in altri campi con passione ed autorevolezza: conoscitore di 8 lingue, studioso di storia e di archeologia, collezionista d’arte, appassionato melomane con una grande voce che mise al servizio di spericolate incursioni nella musica heavy metal. Alla bella età di 88 anni pubblica, insieme ad un’orchestra, un concept album symphonic metal dal titolo Charlemagne – By the Sword and the Cross, seguìto poi dal successivo Charlemagne: The Omens of Death. Partecipa nel 2010 alla nuova registrazione dell’album Battle Hymns del gruppo epic metal Manowar andando a rivaleggiare con la leggendaria voce narrante all’epoca fornita da Orson Welles.
Dopo una vita intensa (e anche un po’ misteriosa) e una carriera gloriosa, il ‘principe delle tenebre’ (come era soprannominato dai suoi fan) ci ha lasciati il 7 giugno, a 93 anni, al Chelsea and Westminster Hospital di Londra, dove era ricoverato da qualche giorno per l’aggravarsi di alcuni problemi respiratori e cardiaci. Nel 1961 Christopher Lee si era sposato con la modella e attrice danese Birgit Kroencke con la quale ha avuto una figlia, Christina Erika.

I’m much softer than people think. I don’t present to the world an emotional face. I’m pretty good at self control, but I’m easily moved.

Christopher Lee

 


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