Fist of the North Star poster

Ken il guerriero è un maestro delle arti marziali della Scuola di Hokuto; vive in un mondo devastato dalla guerra atomica e vaga di villaggio in villaggio alla ricerca dell’amata Julia. Suo avversario è Shin, maestro della Croce del Sud, un formidabile combattente che anni addietro lo ha separato da Julia. Shin impone le sue leggi con la violenza, ovunque passi, saccheggia, uccide e distrugge, spinto da manie di grandezza. Un giorno Kenshiro giunge in un piccolo insediamento e si trova a fare i conti con la violenza di Shin e dei suoi seguaci. Toccherà a lui difendere gli inermi cittadini e riportare la pace…

Questa è la vicenda raccontata dal live action realizzato nel 1995, mai giunto nelle sale in Italia e reperibile in streaming, con sottotitoli aggiunti dai volenterosi ragazzi di hokutodestiny.com. Solo nel 2014 il film è stato trasmesso per la prima volta in Italia da Rai 4, doppiato in italiano. La pellicola ispirata al manga Ken il guerriero (1983) di Tetsuo Hara e Buronson e alla nota serie anime di Masami Suda si differenzia da gran parte dei fan film poiché è stata realizzata da professionisti. E’ nata per l’home video americano; per qualche tempo i produttori sperarono di poterla distribuire nelle grandi sale, associandosi alla Orion. Gli accordi non andarono a buon fine e Fist of the North Star è rimasto nelle videoteche.

Ma forse è meglio così, perché non basta disporre di carrelli e dolly, inquadrare i personaggi con mestiere e montare le sequenze aggiungendo qualche effetto speciale, per realizzare un buon film.
Degli attori, nessuno corrisponde all’aspetto descritto nel manga, sono per la gran parte occidentali dai volti tipicamente yankee. Fin qui poco male, è difficile trovare orientali dotati di muscoli sovradimensionati, e soprattutto, tradire il modello originario è un diritto del regista e talvolta può essere giusto interpretare alcune caratteristiche dell’eroe per avvicinarlo alla mentalità degli spettatori. Il Batman ricreato da Tim Burton ha tutto il fascino di un vendicatore, mentre il recente Sherlock Holmes è un uomo d’azione, colto e allo stesso tempo rude e volgare. Sono entrambe rivisitazioni discutibili, accolte dai pareri contrastanti dei fan e dall’entusiasmo di parecchi cinefili.

Più spesso i live action seguono altri criteri estetici, dovrebbero tradurre in immagini situazioni e personaggi già definiti, restando quanto più possibili aderenti al modello originario. Questa versione cinematografica di Ken il guerriero fatica a trovare il giusto compromesso tra innovazione e fedeltà alle tavole. Kenshiro (Gary Daniels), Shin (Costas Mandylor) e i vari avversari divengono caucasici, palestrati o wrestler; la scelta del cast sarebbe accettabile se almeno i nuovi volti fossero espressivi. Purtroppo recitano peggio di molti cosplayer, e anche nelle scene d’azione lasciano a desiderare. I combattimenti del manga sono diventati leggendari per la dose di violenza spettacolare, per i colpi incredibili. L’arte marziale di Hokuto dovrebbe sfruttare il principio dell’agopuntura e sfruttare i punti di pressione disseminati in tutto il corpo umano. Le tavole mostrano particolari molto splatter che rendono il combattimento caricaturale, Ken fa esplodere teste, perfora i nemici  con le sole mani oppure mozza loro gli arti. Per rendere a dovere le conseguenze della lotta, sarebbe stato necessario ricorrere a continui interventi di grafica computerizzata. La censura, o forse il costo (ai tempi) proibitivo di tali tecniche hanno impedito di ricreare i combattimenti in modo appropriato. Kenshiro miete vittime grazie a calci rotanti, qualche calcio volante, qualche colpo di karate. L’attacco che provoca l’esplosione del corpo dell’avversario si riduce a una tecnica di wing tsun, arte inventata da una monaca cinese, basata sulla velocità estrema degli attacchi, funzionalissima, adatta a persone di corporatura minuta  e poco spettacolare. Il risultato sullo schermo è ridicolo, sembra che Kenshiro faccia il solletico al nemico o si esibisca in un balletto da varietà televisivo degli anni Settanta. Il computer interviene di rado e le sostituzioni delle controfigure sono fin troppo palesi. C’è di che rimpiangere gli interpreti dei vecchi film di kung fu, stuntman e combattenti altamente specializzati che potevano permettersi piani sequenza per le scene d’azione. In Fist of the North Star le inquadrature e il montaggio cercano di porre rimedio alla goffaggine dei protagonisti: ci può credere un ragazzino, o uno spettatore del tutto a digiuno di arti marziali, gli altri resteranno nell’imbarazzo.

Fist of the North Star

Tutti i personaggi escono banalizzati dalla mediocrità del copione loro affidato. I dialoghi sono scontati, scritti scopiazzando qua e là sceneggiature di altre pellicole sul dopo bomba. Ken vuole vendicare il padre e ritrovare l’amata Julia (Isako Washio), più che salvare il mondo e difendere gli inermi. Di fatto l’inespressiva Julia si nega al desiderio di Shin, e alla fine si salva da sola, sfugge al brutale carceriere e compare davanti all’eroe ormai vittorioso, quasi fosse la principessa da salvare del vecchio videogame Ghost and Goblins. Nella serie anime il protagonista la crede morta, per lungo tempo ha la certezza di essere giunto troppo tardi, e il dolore lo rende un eroe sofferto, ne fa un disperato in un mondo di disperazione.

Ai comprimari nei film di questo tipo toccano due tipi di ruoli, quello di tirapiedi dell’antagonista costretto a soccombere nel volgere di due battute, o quello di alleati del protagonista, destinati a pause comiche o a sacrificarsi per consentire la vittoria dell’eroe. Questa ultima è la sorte di Bat – Bart (Dante Basco) nella serie originale; la sorella Lynn (Nalona Herron), dopo essere stata curata dalla cecità dal tocco di Kenshiro, strilla per tutta la pellicola. Era meglio se, rispettando la trama del manga, fosse stata muta. Inutile lamentarsi per la bolsaggine degli attori o la banalità dei copioni loro affidati, quando la trama stessa è uno sciatto riassunto dei primi numeri della serie, raccontati con superficialità. Pur di eliminare i dettagli troppo crudi e avvicinare Kenshiro a nuovi appassionati, le omissioni e le variazioni si sprecano.

Ci viene mostrato un pianeta devastato dalla radioattività, con città ridotte a macerie e piogge acide, e nessuno si preoccupa di spiegare le cause di tanta distruzione. E’ un vero tradimento per la sensibilità dei creatori del manga e dell’anime, artisti giapponesi che, come Masami Suda, hanno vissuto la giovinezza nel dopoguerra, e che oggi rivivono il dramma delle esplosioni nella centrale nucleare di Fukushima.
Ogni sequenza è stata girata in interni, tra fondali dipinti alla meno peggio e modellini raffazzonati. Non si può dare la colpa ai costi proibitivi delle riprese in esterni. Qualsiasi area desertica degli States, qualsiasi capannone industriale dismesso poteva prestarsi a fare da set, di certo con costi contenuti. Invece Kenshiro avanza su un liscio pavimento di linoleum coperto di sabbia, e si staglia contro un cartellone pitturato, vittorioso su qualsiasi nemico, incluse le regole della prospettiva.
Il trucco induce momenti di genuina ilarità. Personaggi coperti di sangue appaiono nella sequenza successiva puliti oppure appena schizzati. Quando Shin colpisce Kenshiro lasciandogli le famose cicatrici disposte come le stelle dell’Orsa, si vede benissimo che colpisce un torace di lattice, mal attaccato al corpo del protagonista. Lo scagnozzo di Shin che indossa una cervelliera di cuoio per contenere le pulsazioni del cervello, si sfila da solo l’elmetto contenitivo, ma esplode non appena gli viene strappato… e che dire delle rocce sollevate da Ken nel corso degli allenamenti? Solo due parole rendono giustizia a cotanto sfoggio di prestanza fisica: polistirolo dipinto!

FistoftheNorthStar3

Alcune sequenze toccano le vette del kitsch: Kenshiro ha le visioni e il padre gli appare emergendo dalla nuda terra, con l’aspetto di uno zombie qualsiasi. Poi tocca a Lynn veleggiare nell’aria davanti agli occhi del guerriero, in posizione yoga, quasi fosse un Buddha. Immagini raccapriccianti, anche perché sono prive dell’ironia e della provocazione consapevole che contraddistinguono questo manga.

Se Fist of the North Star fosse stato solo uno dei tanti B-movies originati dal successo di Mad Max, tanta rozzezza passerebbe quasi inosservata. I cinefili e la critica impegnata snobbano a priori pellicole di questo tipo, le passano in rassegna con sguardo distratto oppure ne fanno oggetto di facili attacchi. Alcuni critici indipendenti valorizzano le produzioni minori, celebrano il trash quando è usato consapevolmente, magari per mettere in discussione il conformismo della società o i gusti dei piccoli borghesi. Fist of the North Star purtroppo è un live action dedicato ad un personaggio ben definito, dotato di una caratterizzazione assai dettagliata e famoso in tutto il mondo. Le pretese sono diverse, rispetto a un B-movie anonimo: Kenshiro è un fenomeno di costume, e basta nominarlo per suscitare le aspettative dei fan. La loro delusione è comprensibile e motivata. Era meglio un fan film sgangherato, con combattimenti goffi e inquadrature improvvisate, costumi cuciti alla meno peggio e tanta, tanta passione…

Autore: Cuccu’ssette – Stanchi del ”solito” cinema ? Troverete su Fendenti & Popcorn recensioni di pellicole fantasy, fantascientifiche, horror, surreali, storiche, famose o tutte da scoprire.

 

Titolo: Fist of the North Star
Anno: 2005
Regia: Tony Randel
Produzione: USA, Hong Kong – durata 88 min.
Sceneggiatura: Peter Atkins, Tony Randel
Fotografia: Jacques Haitkin
Musica: Christopher L. Stone
Interpreti: Gary Daniels, Costas Mandylor, Dante Basco, Malcolm McDowell, Chris Penn, Isako Washio, Nalona Herron


Trailer