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Londra, fine Ottocento: il professor Emanuel Hildern, al ritorno da una spedizione in Nuova Guinea, riporta a casa un antico reperto che potrebbe rivoluzionare le conoscenze scientifiche sull’origine dell’uomo. Lo scienziato si appresta a condurre delle ricerche nel suo laboratorio su un grosso scheletro di una sconosciuta specie di umanoide che lui ricollega ad una entità malefica preistorica conosciuta nelle leggende degli aborigeni della Nuova Guinea come il demone Shish Kang. Durante un esperimento Hildern scopre casualmente che l’acqua sembra in grado di rigenerare la carne che ricopriva le ossa dell’imponente scheletro. Inizialmente spaventato e sgomento dalla scoperta, l’ambizioso scienziato, dopo aver analizzato le cellule sanguigne ricavate da un dito mozzato della creatura, crede di poter ricavarne un siero capace di isolare l’essenza del Male, per eliminarla poi dall’uomo. Ma, ansioso di sperimentare il frutto delle sue scoperte, incautamente inocula il siero ottenuto nella figlia Penelope che lui teme possa accusare gli stessi sintomi di pazzia che in precedenza colpirono la madre, morta in manicomio. Ma i risultati sono tragici e la figlia, invece di diventare immune al Male (e all’instabilità mentale),  fugge in preda ad un’insana e furiosa libidine. Nel frattempo l’altrettanto ambizioso fratellastro di Hildern, James, il direttore del manicomio, dopo aver accettato di ospitare la nipote, progetta di rubare dal laboratorio lo scheletro dell’essere misterioso, proprio mentre fuori incombe un minaccioso temporale…

Negli anni ’70 l’horror britannico si apprestava a battere nuove strade in cerca di rinnovamento, dopo essere stato dominato creativamente e commercialmente dalla ‘scuola Hammer’ fino alla prima metà degli anni ’60, rappresentata dalle produzioni di Terence Fisher e dalle forme espressive che lui aveva contribuito a codificare. In quest’ottica di rinnovamento si colloca Il terrore viene dalla pioggia (The Creeping Flesh, 1973) insolita ed interessante pellicola da riscoprire, dalle suggestive atmosfere gotiche. Diretto dal regista britannico Freddie Francis (1917-2007), già affermato direttore della fotografia, Il terrore viene dalla pioggia costituisce probabilmente il suo film più riuscito e ispirato. Francis, che insieme ad altri registi aveva raccolto l’eredità di Fisher, in questo caso solo in parte rimane sulle orme del maestro, ma almeno per quanto riguarda la descrizione di una società vittoriana dipinta come avida, ipocrita e repressa, viene seguita ancora la strada fisheriana. Più complesso e articolato di altri horror gotici suoi contemporanei, Il terrore viene dalla pioggia mette in evidenza molti spunti e tematiche importanti (il Bene e il Male, la pazzia, la repressione sessuale, l’evoluzione dell’uomo…) privilegiando la psicologia dei personaggi e il loro dramma familiare: magistrale in questo senso risulta l’interpretazione piena di sofferta ambiguità di Peter Cushing nella parte di Emanuel Hildern, lo scienziato diviso tra le sue pericolose ricerche e la necessità di controllare le pulsioni (folli?) di sua figlia e, prima, di sua moglie. Cushing, come spesso capitava nei film horror dell’epoca, è ben affiancato da Chistopher Lee nella parte del fratello, direttore del manicomio, che ci offre un efficace ritratto di un uomo invidioso e senza scrupoli. Valida anche la prova dell’esordiente Lorna Heilbron nella parte di Penelope su cui incombe la tara della pazzia ereditaria.

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Gli amanti dell’horror ‘duri e puri’ storceranno il naso di fronte a questo film perché in effetti le potenzialità fanta-orrifiche del soggetto non sembrano sviluppate appieno; per buona parte della pellicola l’enigmatica entità malefica rimane immota in forma di scheletro e la storia rischia di perdere ritmo e tensione ma tuttavia rifuggendo dalle facili banalità di un qualsiasi ‘monster movie’, alla fine lo spettatore sarà ripagato da un finale all’altezza delle premesse. Quando il  demone si reincarna (nel senso letterale del termine) l’abile regia di Francis riesce a creare una suspense sottile e inquietante. Da ricordare soprattutto le scene della creatura che si aggira sotto la pioggia nel bosco ricoperta da un mantello nero che la fa assomigliare ad un incrocio tra la rappresentazione medievale della morte e l’imponente scheletro di un qualche umanoide ancestrale. Memorabili le riprese in soggettiva del demone dall’interno del cranio con le orbite vuote e insanguinate, quando si presenta alla porta del prof. Hildern per reclamare il dito che gli era stato amputato durante gli esperimenti. Ci viene anche il dubbio che l’ambiguo e tormentato scienziato si sia solo immaginato la pazzia della moglie e della figlia, turbato dalla loro sessualità ritenuta troppo esuberante e incontrollabile. Anzi, l’intera vicenda, narrata in prima persona da Emanuel Hildern ricoverato in manicomio (come nel classico Caligari) potrebbe sembrare il parto di una mente malata. Per la riuscita del film sono risultati indispensabili anche la fotografia dai colori sfumati di Norman Warwick e gli effetti speciali di Roy Ashton che ha realizzato l’originale mostro.
Nello stesso periodo vennero realizzati altri due film britannici che in parte condividono le tematiche e le atmosfere di Il terrore viene dalla pioggia: Horror Express e Asphyx. In seguito Freddie Francis non si è più cimentato come regista ma come direttore della fotografia, dimostrando tutta la sua professionalità sotto la geniale regia di David Lynch in film come The Elephant Man (1980) e Dune (1984).

 

Titolo: Il terrore viene dalla pioggia (The Creeping Flesh)
Anno: 1973
Regia: Freddie Francis
Produzione: Regno Unito – Tigon – Durata: 86 min.
Sceneggiatura: Jonathan Rumbold, Peter Spenceley
Fotografia: Norman Warwick
Trucchi: Roy Ashton
Musica: Paul Ferris
Interpreti: Christopher Lee, Peter Cushing, Lorna Heibron, George Benson, Michael Ripper, Hedger Wallace, Kenneth J. Warren, Duncan Lamont, Catherine Finn


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