Il colore venuto dallo spazio

Dal celebre racconto di H. P. LovecraftIl colore venuto dallo spazio“, sulle malefiche e orripilanti mutazioni provocate da un meteorite, arriva un’altra trasposizione cinematografica, piuttosto aderente al testo originale ma poco ispirata, diretta dal regista sudafricano Richard Stanley, da tempo assente dal grande schermo…

 

Trama:
Un meteorite cosmico si schianta nel cortile della famiglia Gardner che sognava un ritorno alla vita rurale, soprattutto con l’allevamento ‘innovativo’ degli alpaca. L’infezione aliena che ne consegue sembra contaminare qualsiasi cosa, compresi gli esseri umani destinati a subire imprevedibili e spaventose mutazioni…

E’ noto che H. P. Lovecraft considerasse il suo racconto “Color out of space”, scritto nel 1927, uno dei meglio riusciti, tanto che riuscì a farlo pubblicare su Amazing Stories, la prima rivista di fantascienza americana diretta all’epoca da Hugo Gernsbach, ritenuto il ‘padre’ delle fantascienza popolare moderna. Sicuramente Gernsbach avrà apprezzato del racconto più le descrizioni delle analisi chimiche sul meteorite e dei suoi effetti su flora e fauna, che le atmosfere weird tipicamente lovecraftiane. “Color out of space”, anche se teoricamente appartiene al Ciclo di Cthulhu (più che altro per motivi di ambientazione geografica) in pratica è svincolato dall’ indescrivibile cosmogonia lovecraftiana che il cinema ha sempre faticato a capire e a tradurre in immagini efficaci sullo schermo. Infatti questo racconto, ritenuto ‘facile’ da portare al cinema per la sua tematica prettamente fantascientifica, ha avuto un buon numero di adattamenti ufficiali diretti, a partire da La morte dall’occhio di cristallo del 1965, senza parlare poi dell’influenza indiretta che ha avuto sia sul cinema che sulla narrativa fantastica per quanto concerne spaventose mutazioni, forme di vita aliene, catastrofi e minacce varie provenienti dagli ignoti spazi stellari.

 The color out of space - 2019

Il talentuoso ma scostante Richard Stanley, dopo due film interessanti (il cyberpunk Hardware del 1990 sui robot assassini e il soprannaturale Dust Devil del 1992 su un demone serial killer che miete vittime in Namibia) e una lunga assenza dal cinema, dovuta anche al disastro produttivo de L’isola perduta (1996) dal cui set fu cacciato dalla produzione, decide di cimentarsi arditamente nella trasposizione di un’opera del Solitario di Providence. Essendo Stanley uno di quei registi che mettono la loro arte prima di tutto e che sono refrattari a qualsiasi compromesso con i produttori, si era creata un’altissima aspettativa presso tutti coloro che aspettavano il film lovecraftiano definitivo, senza troppe concessioni all’horror mainstream. Ebbene, dopo alcuni anni di gestazione, viene fuori Il Colore Venuto dallo Spazio (Color Out of Space, 2019), un film horror godibile e divertente, premiato all’H.P. Lovecraft Film Festival 2019, molto fedele al racconto, seppur ambientato ai nostri giorni: anche qui la storia è incentrata sul progressivo ma inesorabile degrado fisico e mentale della famiglia Gardner che ha avuto la sfortuna di ritrovarsi in giardino un bolide piovuto dal cielo. Come nel racconto, lo strano oggetto celeste emana una malsana influenza sull’ambiente circostante e sulle persone che ci vivono: frutti della terra giganteschi ma immangiabili, insetti e animali che mutano in modi bizzarri e spaventosi, odori ripugnanti, le stesse facoltà mentali dei protagonisti che cominciano a mutare e a degradarsi in maniera preoccupante, a cominciare da quelle del capofamiglia, l’eccentrico Nathan, dedito soprattutto a convincere la sua famiglia disfunzionale sulla convenienza di allevare degli alpaca…

L’altrettanto eccentrico Richard Stanley (conosciuto come “il regista con il cappello” che pare non si tolga mai) osa anche sfidare la leggendaria difficoltà a mettere in immagini gli indescrivibili orrori di Lovecraft, ovvero in questo caso il non percettibile colore venuto dallo spazio, troppo alieno per essere visibile all’occhio umano, che nel film è di un pervasivo color fucsia. Tutto bene allora? Abbiamo il film lovecraftiano definitivo, finalmente svincolato dalle banalità del cinema horror mainstream? Purtroppo no, e il ribelle artista senza compromessi Richard Stanley ci ha un po’ deluso con questa sua trasposizione molto fedele ma convenzionale, prevedibile, senza mistero e suspense. Il fatto è che il seminale racconto di Lovecraft del 1927, da lui stesso definito uno “studio d’atmosfera”, riportato più o meno letteralmente sullo schermo oggigiorno non ha più la potenza e l’efficacia originaria. Troppe volte nel corso degli anni abbiamo visto sullo schermo (o letto sui libri) storie di famiglie problematiche alle prese con spaventose mutazioni che le fanno scivolare in una spirale di follia. Anche nel film abbiamo la voce narrante dell’idrologo che dovrebbe dare coesione alla storia ma invece si tratta di un personaggio anonimo e fuori contesto e l’invasivo colore fucsia venuto dallo spazio finisce per dissipare e banalizzare l’inquietante e oscuro New England (immaginario) di Lovecraft. Eppure l’incipit era stato incoraggiante, ripreso com’era dalla pagina del racconto: “ A Occidente di Arkham le colline si innalzano selvagge. Ci sono valli con boschi così fitti e profondi che nessuna ascia ha mai tagliato. Ci sono valli oscure e strette dove gli alberi declinano in modo armonioso, dove ruscelli sottili scorrono senza aver mai visto la luce del sole.

Il colore venuto dallo spazio - Nicolas Cage

I vari personaggi, seppur interpretati più che dignitosamente, non riescono a creare una vera empatia con lo spettatore, anzi sono un po’ macchiettistici e già stravisti in tanti altri B movies di paura, a cominciare dal capofamiglia interpretato dal debordante Nicolas Cage, ormai specializzato in ruoli di picchiatello fuori controllo, talvolta con effetti grotteschi e sopra le righe che non sono certo l’ideale per ricreare efficacemente le atmosfere lovecraftiane. Rispetto al racconto abbiamo un personaggio femminile (al posto di uno dei tre fratelli), la figlia di Nathan (Madeleine Arthur), adolescente scorbutica e problematica, che studia da ‘strega’ e si diletta nella lettura del Necronomicon, il famoso ‘Libro dei Morti’ inventato da Lovecraft. Anche questa aggiunta lovecraftiana risulta superflua e non incide sulla storia infatti non aiuta i protagonisti a comprendere ed eventualmente combattere la minaccia rappresentata dal ‘colore’ alieno. L’altro fratello (Brendan Meyer) è il classico cannaiolo scansafatiche, relativamente più normali sono invece il fratellino più piccolo (Julian Hilliard) e la mamma semi depressa (Joely Richardson). Il personaggio del vecchio Ezra, che vive isolato nel bosco e sembra più in contatto con i misteri del luogo e più sensibile alla minaccia incombente, non viene sfruttato pienamente a livello di sceneggiatura. L’escalation della follia nella famiglia Gardner avviene troppo meccanicamente, senza troppe sorprese o colpi di scena. Il regista punta tutto sul finale fantasmagorico (dove ci fa intravedere l’ambiente di provenienza del ‘colore’ spaziale) e sugli effetti speciali (non CGI) impressionanti da body horror, omaggiando efficacemente ma anche scontatamente l’horror anni ’80, dalla Cosa di Carpenter ai vari film lovecraftiani di Stuart Gordon e Brian Yuzna. Stanley cerca anche di ‘potenziare’ un po’ la storia originale rendendo più aggressiva e letale la forma di vita aliena infestante che con una serie di fulmini ‘fonde’ orribilmente la madre con il figlio più piccolo, creando un ripugnante ibrido che il già folle Nicolas Cage dovrà rinchiudere in soffitta. Però questa ‘sferzata’ finale di body horror non è sufficiente ad elevare la pellicola sopra la mediocrità del dejà vu e vista la fama ‘cult’ del regista sudafricano era lecito attendersi qualcosa di più in fatto di originalità e coraggio nel trattare le tematiche dello scrittore di Providence. In questo senso in tempi recenti, film pur non tratti direttamente da opere di Lovecraft, come The Void e Annientamento, hanno fatto di meglio, perché hanno reso con efficacia la paura dell’ignoto della narrativa lovecraftiana.

 

Titolo originale: Color Out of Space
Regia: Richard Stanley
Anno: 2019 – USA/Portogallo – Durata: 111′
Cast: Nicolas Cage, Joely Richardson, Madeleine Arthur, Elliot Knight, Brendan Meyer, Julian Hilliard

 

Trailer