Inspector Gadget (1999)

I bambini degli anni Ottanta hanno amato i suoi trucchi strabilianti, la sua faccia buffa, le sue avventure strampalate. Gli adulti ricordano l’allegro tema della sigla, più volte reinterpretato in versioni jazz, beatbox, ska. L’Ispettore Gadget, poliziotto dotato di tanti strani marchingegni innestati per magia sul suo corpo, nasce nel 1983 come cartone animato negli studi della DIC, una compagnia francese di animazione. Il personaggio prende in giro bonariamente gli eroi dei telefilm di spionaggio degli anni Sessanta, incluso l’agente 007. Il film realizzato dalla Disney nel 1999 è un live action dedicato a questo tenero ed imbranato investigatore. Rispetto alla serie animata, la pellicola è un prequel, narra la nascita del nostro eroe e le origini del suo avversario, Dottor Artiglio.

Gadget un tempo era un comune essere umano, si chiamava John Brown ed era un addetto alla sicurezza ossessionato dal sogno di diventare un poliziotto. Impacciato nei rapporti sociali, goffo nei movimenti e poco prestante, veniva sempre scartato dalle Accademie di Polizia; viveva con una simpatica nipotina ed un buffo cagnolino, lavorava come metronotte e si vergognava dei suoi continui fallimenti professionali. Una notte, durante un turno di sorveglianza nel deposito di sofisticate apparecchiature cibernetiche dell’esperta in robotica Brenda Bradford, John affronta un pericoloso supercriminale, Sanford Scolex. Questi è un industriale e vuole rubare l’ultima invenzione, un piede meccanico; uccide il padre di Brenda e riduce in fin di vita il povero John Brown. La stessa Brenda decide allora di sperimentare le invenzioni e fa impiantare sul corpo dell’agente una serie di apparecchi, controllati da un sofisticato microchip. L’operazione ha successo e John si trasforma nell’Ispettore Gadget. Al grido di ‘Go-go-Gadget’ il poliziotto cyborg sfodera i più bizzarri utensili, spesso inappropriati alla situazione. Gadget combatte Scolex, chiamato Dottor Artiglio in quanto ha perso una mano proprio durante la rapina al laboratorio e l’ha rimpiazzata con un artiglio di metallo. Poco a poco l’Ispettore impara ad usare gli strumenti che ha dentro di sé, sconfigge Scolex e recupera anche la sua umanità  coronando il suo sogno d’amore…

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Alcuni cartoni animati prodotti dalla Disney sono autentici capolavori, caratterizzati da un tratto accattivante e da musiche indimenticabili. Non si può dire lo stesso dei film con attori in carne ed ossa, a parte le riuscite incursioni nel musical di Mary Poppins e di Pomi d’ottone e manici di scopa, la saga del maggiolino Herbie oppure la cupa fantascienza di The Black Hole. Prima di doversi evolvere a causa della crescente concorrenza,  le pellicole con attori in carne ed ossa targate Disney erano sinonimo di un intrattenimento molto semplice, adatto ai bambini e a quanti si divertono con un umorismo immediato. Per tutti gli altri lo spettacolo era deludente: i protagonisti apparivano piacenti ma asessuati, c’erano pargoli saputelli pronti a risolvere qualsiasi problema in barba agli adulti imbranati, gli effetti speciali erano antiquati oppure venivano esibiti ingenuamente, c’erano pochi riferimenti espliciti all’attualità e i finali lieti si sprecavano. A peggiorare la situazione, in molti casi le pellicole erano state realizzate in evidente economia, con standard qualitativi degni di un telefilm da programmazione mattutina.

Il film dell’Ispettore Gadget conferma alcuni di questi stereotipi, sebbene abbia alle spalle mezzi adeguati, e sia stato interpretato da volti noti del grande schermo.
Gli effetti speciali sono davvero magistrali e la macchina da presa sceglie movimenti inusuali in modo da valorizzare ogni artificio impiegato. La grafica digitale ricrea i vari accessori, e siano essi gambe meccaniche allungabili a volontà, martelli o pale di elicottero che sbucano dal cappello o qualsiasi altra diavoleria, tutti compaiono con relativa naturalezza. Dal punto di vista visivo il personaggio è reso con grande fedeltà; insomma, davanti al lavoro dei grafici, degli esperti in animatronic e dei cameraman, tanto di cappello.

Inspector Gadget

La vicenda invece può riservare cocenti delusioni a quanti hanno amato il cartone e lo ricordano con quell’affetto particolare che illumina i ricordi dell’infanzia. E dico ‘infanzia’ perche l’Ispettore Gadget è appunto un gran bel cartone animato, destinato ad intrattenere i piccoli con garbo e fantasia. Il tratto è semplice e pulito, le gag sono prive di doppi sensi o scurrilità, non ci sono vittime ed i casi affrontati dal cyber poliziotto finiscono sempre con l’arresto dei colpevoli.
La serie animata è ancor oggi un gioiellino per bambini, e purtroppo non si può dire altrettanto del film, nato per intrattenere quanti più spettatori possibile, in qualsiasi Paese.
Probabilmente il difetto più grave della pellicola è proprio la volontà di voler piacere a tutti i costi a persone di ogni età e di qualsiasi livello culturale, piuttosto che rivolgersi ad un preciso target di spettatori. Tutti possono trovare qualche momento piacevole nel film, e probabilmente nessuno diverrà cultore del personaggio grazie a questa pellicola, o la celebrerà come una tappa della rinascita della nota major. I bambini piccoli si divertono con le gag, e anche se non conoscono il personaggio presto si affezionano alla faccia buffa di Matthew Broderick, si identificano con la vivace nipotina dell’ispettore e ridono con i buffi interventi del piccolo terrier o dell’automobile parlante. La trama semplice semplice pare rivolgersi proprio ai preadolescenti, salvo qualche gag più adulta. Ad esempio quando Gadget vede la bella scienziata, qualche accessorio balza fuori dal trench in modo allusivo; la gag funziona la prima volta, nelle successive riproposizioni fa ridere molto meno. Alcune situazioni, se considerate con sguardo adulto, rasentano la volgarità. Gli altri momenti umoristici funzionerebbero se gli attori avessero appreso la lezione delle vecchie comiche del cinema muto. La gestualità esasperata dei comici degli anni Venti e Trenta creava situazioni paradossali, e poteva fare la differenza, se applicata alle gag del film. Broderick purtroppo non è l’aggraziato Buster Keaton e anche gli altri interpreti  prendono troppo sul serio i loro ruoli, limitando le trovate clownesche ad altrettanti pretesti per sfoggiare le invenzioni dei grafici digitali. E’ un’opportunità persa, perché quello era un tipo di umorismo valido anche a distanza di tanti anni, capace di far ridere indipendentemente dal tipo di educazione e dall’età. Le battute insipide da film per famiglie americano funzionano poco oltre oceano, e distanziano il personaggio dalle sue origini, tutte europee. Qualche sequenza cinefila introdotta qua e là sembra ammiccare agli adulti, come le citazioni da Godzilla o i richiami a 007, a Robocop e all’Uomo da sei milioni di dollari. Si tratta di brevi momenti, dispersi in una sceneggiatura che ricerca l’umorismo facile.
L’altra occasione persa è probabilmente la rivisitazione in chiave dark della vicenda. Gadget ha origini analoghe a quelle di RoboCop, il poliziotto cyborg dell’omonimo film di Verhoeven. RoboCop è il cadavere di un poliziotto caduto durante una missione, rianimato e ricoperto di un’armatura fata di kevlar e ceramiche speciali; il dramma nasce dal fatto che il cyborg è solo in parte una macchina e ricorda almeno in parte il suo passato di essere umano. Simili dubbi non sfiorano neppure lontanamente l’Ispettore, che continua a sentirsi un uomo a tutti gli effetti, accetta il suo ruolo con ingenuo ottimismo e forse crede di aver davvero realizzato il suo sogno di essere un poliziotto, vero.
Così la Disney ci racconta il ‘suo’ RoboCop a misura di bambino, preferibilmente in età da scuola elementare. La vicenda è troppo complessa per catturare l’attenzione dell’infanzia; l’intreccio assomiglia pericolosamente a quello dei tanti film che una quarantina di anni fa venivano creati cucendo insieme alcuni episodi dei cartoni animati o dei telefilm più celebri. In qualche modo i montatori riuscivano ad ottenere la durata indispensabile per la distribuzione cinematografica, tra incongruenze e contraddizioni involontarie. I giovanissimi assistevano a questo tipo di spettacoli, e si divertivano candidamente oppure si accontentavano di quel che passava il convento. Con l’avvento del VHS e poi dei DVD, e infine dei canali televisivi dedicati ai giovanissimi, i ragazzi sono cambiati, sviluppano precocemente preferenze e gusti personali; conoscono, confrontano, e sono giudici spietati. La trama fracassona e semplicistica, i personaggi privi di sex appeal e così lontani dalle esperienze quotidiane, probabilmente sono elementi poco graditi ai teenager.
La pretesa di poter fare breccia nei cuori degli spettatori di ogni età è quindi destinata ad infrangersi: per le motivazioni già dette L’Ispettore Gadget non coinvolge i preadolescenti e gli adolescenti, e funziona poco anche con gli over cinquanta, troppo anziani per aver visto la serie con i figli, troppo giovani per averla guardata con i nipotini.
La presenza di Rupert Everett potrebbe attrarre il pubblico femminile; purtroppo la carriera dell’attore non era più all’apice e questa prova non deve averlo aiutato a risalire la china, magari reinventandosi un ruolo. Joely Fisher è una gran bella donna, tuttavia non è mai stata una stella di prima grandezza, ed ha avuto un’onesta carriera in produzioni televisive; il ruolo di Brenda, scienziata acqua e sapone, probabilmente non le si addice troppo. Tutti gli attori, compreso il protagonista Mattew Broderick, appaiono limitati da un copione di mestiere, e vengono soverchiati dall’orgia di effetti speciali.

L’Ispettore Gadget offre un intrattenimento leggero, adatto a quanti credono ancora nel cinema formato famiglia oppure erano bambini negli anni Ottanta. Fatte le debite considerazioni, un tuffo nel passato in compagnia di un eroe tenero e pasticcione può fare piacere. Quanti conoscono bene l’ambientazione e i personaggi si divertono e tutti gli altri forse si incuriosiscono, o più facilmente si annoiano.

Autore: Cuccu’ssette – Stanchi del ”solito” cinema ? Troverete su Fendenti & Popcorn recensioni di pellicole fantasy, fantascientifiche, horror, surreali, storiche, famose o tutte da scoprire.

 

Titolo: Inspector Gadget
Anno: 1999
Regia: David Kellogg
Produzione: USA – Walt Disney – durata 78 min.
Sceneggiatura: Kerry Ehrin, Zak Penn
Fotografia: Adam Greenberg
Musica: John Debney
InterpretiMatthew Broderick, Rupert Everett, Joely Fisher, Michelle Trachtenberg


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