Albert e l'uomo nero

 

La svolta ‘hitchcockiana’ dei fantasceneggiati RAI

La gloriosa stagione degli sceneggiati RAI, verso la metà degli anni ’70, ebbe una svolta significativa a livello tematico: al ‘giallo magico‘ dagli attributi soprannaturali (Il segno del comando) o fantascientifici (A come Andromeda), si venne ad affiancare in parallelo una produzione di sceneggiati che potremmo definire ‘hitchcockiana’, dove l’elemento propriamente fantastico, pur permanendo a livello d’atmosfera, cede il passo a storie, benché ancora misteriose e ricche di suspense, che hanno uno scioglimento dell’intreccio di tipo razionale (o quasi), senza fare ricorso a fantasmi, reincarnazioni o medium dai poteri paranormali. Alle ossessioni tutte psicologiche di Hitchcock (il tema del ‘doppio’, l’ossessione verso donne fatali e misteriose…) si aggiunsero le atmosfere thriller/horror dei gialli di Dario Argento (seppur edulcorate per una visione televisiva) che al cinema riscuotevano parecchi apprezzamenti  all’epoca. Questo nuovo indirizzo psico-thriller si apre nel 1974 con Ho incontrato un’ombra che vede il ritorno alla regia di Daniele D’Anza dopo il fortunato Il segno del comando. Il pubblico dimostrò di apprezzare molto questo sceneggiato (con oltre 19 milioni di spettatori di media), seppur privo di elementi soprannaturali e di ambientazione moderna (la misteriosa vicenda si svolge nella ‘noiosa’ Svizzera). I temi hitchcockiani dell’ambiguità della natura femminile e del ‘doppio’ sono ben presenti nella fiction La mia vita con Daniela (1976) dove l’influenza del classico La donna che visse due volte è abbastanza evidente benché la suspense e la carica visionaria vengano parzialmente ‘smorzate’ dall’elemento drammatico/famigliare presente nella vicenda.

 

Albert e l’uomo nero

La sopracitata influenza hitchcockiana può essere ravvisata anche nella miniserie RAI in 3 puntate Albert e l’uomo nero (1976) diretta da Dino Partesano. Produzione insolita e meno conosciuta oggi rispetto ad altri sceneggiati RAI, Albert e l’uomo nero porta sul piccolo schermo forse per la prima volta nel panorama delle fiction televisive italiane, una storia ‘gialla’ dalle forti connotazioni thriller/horror ben rappresentate dalla presenza del misterioso uomo nero del titolo e dalle musiche incalzanti di Franco Micalizzi che accompagnano le sue ‘visite’ notturne al giovane protagonista. Proprio la presenza di un ragazzino come protagonista principale della storia costituisce l’elemento innovativo per lo sceneggiato.

Albert e l'uomo nero

Il piccolo Albert, bambino orfano di madre e dotato di molta fantasia, vive in una grande villa del ravennate insieme al padre, un imprenditore spesso assente, che si è risposato. Un giorno, durante i suoi giochi nelle campagne circostanti, Albert si imbatte nel cadavere della matrigna, evidente vittima di un omicidio. Il suo hobby di radioamatore a caccia di messaggi extraterrestri, ‘esperto’ in registrazioni audio, lo renderanno protagonista involontario nelle indagini sull’omicidio ma anche oggetto delle ‘attenzioni’ di un misterioso uomo vestito di nero. Ma ovviamente Albert, per la sua ‘fama’ di ragazzino solitario dotato di troppa immaginazione, non sarà creduto dagli adulti riguardo le spaventose visite notturne dell’uomo nero…

Per gli standard televisivi dell’epoca, questo sceneggiato incuteva una certa paura, soprattutto negli spettatori più giovani che potevano immedesimarsi nel giovane Albert alle prese con una paura archetipa come quella dell’uomo nero. Ovviamente rivisto oggi, l’elemento horror o thriller risulta piuttosto blando ma rimane ancora valido e coinvolgente l’intreccio da giallo investigativo (almeno fino alla seconda parte) ben supportato dall’ambientazione suggestiva della provincia ravennate e dalle atmosfere inquietanti e al contempo malinconiche a cui contribuiscono le musiche (come il tema della sigla d’apertura) e le immagini in bianco e nero dal sapore nostalgico che rimandano a una televisione che non c’è più, forse meno omologata di quella odierna e più avvincente, cioè che ‘osava’ maggiormente a livello creativo, sia per quanto riguardava le fiction di intrattenimento sia gli spettacoli più ‘culturali’. In proposito basti confrontare la notevole trasposizione televisiva dell’Odissea trasmessa dalla Rai nel 1968 con la deludente serie tv del 2019 (prodotta da RAI Fiction) Il nome della rosa, tratta dall’omonimo best-seller di Umberto Eco. Certo, oggi la fruizione del mezzo televisivo e i gusti del pubblico sono cambiati ma i dati dell’audience parlano chiaro e l’antico gradimento di quegli spettacoli non è stato più raggiunto.

Gli esperti sceneggiatori Massimo Felisatti e Fabio Pittorru si sono dimostrati abili nell’adattare a un contesto italiano, le ispirazioni cinematografico/letterarie di matrice anglosassone che vanno dal già citato Hitchcock allo scrittore noir Cornell Woolrich. Alla fine la soluzione del mistero (un delitto maturato all’interno dell’ambiente familiare, causato prosaicamente da invidia e avidità) potrà risultare un po’ deludente e poco sorprendente ma la vicenda si mantiene interessante e suggestiva per tutte le puntate. Apprezzabile il cast, la cui recitazione un po’ monocorde e pacata risulta quasi piacevole in confronto agli ‘strepiti e pianti’ delle odierne fiction. Il volto più noto è quello di Nando Gazzolo (anche apprezzato doppiatore) nel ruolo del padre di Albert ma è il ragazzino, interpretato dal bravo Claudio Cinquepalmi, a fornire la prova più convincente nel ruolo di investigatore e testimone suo malgrado, ma anche di bambino trascurato e incompreso dal mondo degli adulti. Tutto il suo disagio viene fuori nella scena del rinvenimento del cadavere della matrigna, dove mostra una certa freddezza di fronte al tragico fatto. Per quanto riguarda la bella location della vicenda, la grande e antica villa del ravennate esiste tutt’oggi (pur con qualche modifica) e si trova a Savarna, frazione del comune di Ravenna.
La soluzione razionale del mistero, priva di qualsiasi implicazione paranormale o sci-fi (in fondo il piccolo Albert affermava di comunicare con gli alieni) e l’intreccio mistery un po’ debole non impediscono comunque ad Albert e l’uomo nero di suscitare ancora qualche brivido di paura e di trasmetterci quelle sensazioni di languida e onirica inquietudine, inconfondibili caratteristiche dei fantasceneggiati RAI dell’epoca.

Regia: Dino B. Partesano
Anno: 1976 – trasmesso in tre puntate dalla Rai
Sceneggiatura: Massimo Felisatti, Fabio Pittorru
Cast: Nando Gazzolo, Claudio Cinquepalmi, Carlo Simoni, Susanna Martinková, Franco Graziosi, Cristina Gaioni, Maria Grazia Grassini, Ivana Monti, Ignazio Pandolfo, Ezio Sancrotti

Fonte articolo: ” Fantasceneggiati sci-fi e giallo magico nelle produzioni Rai (1954-1987) ” – Autori vari – Elara

 

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