DuneIn un lontanissimo futuro la razza umana è sparsa su vari pianeti retti da un impero galattico diviso in casate feudali in perenne lotta per la supremazia. Per il controllo del pianeta Arrakis, conosciuto anche come Dune, si scatena una lotta mortale tra la casa Atreides e la casa Harkonnen; quest’ultimi, appoggiati segretamente dall’Imperatore Shaddam IV, mirano ad eliminare definitivamente gli odiati rivali, attirandoli in trappola sul pianeta Dune, l’unico mondo dell’universo conosciuto dove si trova il melange, una spezia portentosa capace di allungare la vita, ampliare la conoscenza e dare la facoltà ai membri della potente Gilda Spaziale di viaggiare attraverso la galassia annullando lo spazio-tempo. Traditi anche al loro interno, gli Atreides vengono decimati e dispersi. Ma Paul, figlio del duca Leto Atreides, scampa alla strage insieme alla madre e trova insperato aiuto nei Fremen, il misterioso popolo di Dune che riesce a sopravvivere nel desertico pianeta nonostante la scarsità di acqua e la presenza dei colossali vermi delle sabbie, incontrastati dominatori dell’ecosistema. Toccherà al giovane Paul, guidato da un’antica profezia e dotato dalla spezia di grandi poteri, cercare di vendicarsi di tutti i nemici…

Dune: il lato oscuro di Star Wars

Dopo la delusione scaturita dalla visione dell’insipido cripto-remake Star Wars il risveglio della forza, è consigliabile andarsi a rivedere Dune (1984), la sfortunata ma affascinante opera (o meglio space opera) di David Lynch, qui alla sua prima e unica incursione nel genere fantascientifico vero e proprio. Tratto dal primo omonimo capitolo (pubblicato nel 1965) della ponderosa saga planetaria in sei libri di Frank Herbert (1920-1986), il film Dune rappresenta un isolato e coraggioso tentativo di portare al cinema quel particolare sottogenere della fantascienza letteraria chiamato ‘space opera’ (cioè epopea o epica spaziale) che si distingue per le sue storie avventurose ambientate nello spazio profondo o su pianeti esotici con razze aliene, battaglie stellari, imperi galattici…
Ovviamente le trasposizioni sul grande schermo delle space opera per la complessità realizzativa richiesta a livello di effetti speciali e scenografie e per i costi da sostenere a livello produttivo sono state sempre piuttosto rare (prima degli anni ’70/80 ci viene in mente solo il classico sci-fi Il pianeta proibito del 1956); solo dopo il successo della prima trilogia di Star Wars (1977–1983) si è cominciato a vedere qualcosa sul grande schermo e in televisione (Star TrekBattlestar Galactica, Starship Troopers, Il Quinto Elemento, Serenity…). Ma Dune è l’unico che si ispira direttamente a una fonte letteraria complessa e articolata come quella rappresentata dal romanzo di Herbert vincitore del Premio Nebula nel 1965, a cui fece seguito il Premio Hugo nel 1966, i più ambiti riconoscimenti nell’ambito della letteratura di fantascienza. Anzi il romanzo di Herbert va al di là della semplice avventura spaziale infatti tratta temi impegnativi  e controversi come l’ecologia, la religione, la lotta per il potere, il tradimento… Inoltre il romanzo Dune, per il suo intreccio complesso ricco di innumerevoli personaggi e per il suo stile narrativo basato in gran parte sull’uso di monologhi interiori è sempre stato considerato come molto difficile da portare sullo schermo. Già all’epoca lo stesso Herbert ravvisò numerosi punti di contatto, a livello tematico, tra la sua opera e il nuovo Star Wars di George Lucas: la comune formazione e presa di coscienza di Paul ‘Muad’Dib’ Atreides e Luke Skywalker, i poteri della Forza e quelli del melange, i malvagi imperi galattici con le loro truppe scelte (Sardaukar e Stormtrooper), i pianeti desertici Dune e Tatooine, le facoltà speciali della sorellanza Bene Gesserit e dei cavalieri Jedi…
Lucas otterrà il successo che sappiamo con la prima trilogia mantenendo sostanzialmente inalterato il tipico canovaccio delle space opera letterarie (comune anche a molti altri romanzi oltre Dune) ma in più enfatizzando l’aspetto epico favolistico, semplificando gli aspetti più problematici, con una distinzione piuttosto netta tra buoni e cattivi, e aggiungendo forti dosi di ottimismo e ironia. Come vedremo, il film di Lynch, grazie al suo personalissimo ‘tocco’, si differenzierà ulteriormente dall’epocale pellicola di Lucas (a prescindere dagli innegabili punti di contatto con il romanzo) tanto da farci considerare Dune come il lato oscuro di Star Wars.

Dune

 

La genesi del film

Come è accaduto per il capolavoro fantasy di Tolkien Il Signore degli Anelli, anche la riduzione cinematografica di Dune ha avuto un percorso irto di difficoltà e costellato da tentativi falliti. Tra i progetti falliti di portare sul grande schermo Dune, il più promettente è stato quello del 1975 di Alejandro Jodorowsky, poliedrico cineasta franco-cileno noto per i suoi film psichedelici e surreali. L’ambizioso progetto prevedeva il coinvolgimento di noti artisti per le scenografie e i costumi come Moebius e H. R. Giger. Tra gli attori protagonisti era prevista la presenza di Salvador Dalí nella parte dell’imperatore e di Orson Welles nel ruolo del Barone Harkonnen. Nonostante il buon avanzamento dei lavori con la realizzazione di scenografie, locandine e costumi, alla fine non se ne fece niente. Non bisogna dimenticare che la riduzione dei costi di produzione dovuta all’impiego degli effetti digitali non era ancora possibile all’epoca. Per saperne di più su questa pellicola mai nata è possibile vedere il docufilm Jodorowsky’s Dune (2013).

Ma ecco che nei primi anni ’80 il produttore Dino De Laurentiis, forse deciso a sfruttare la scia del successo della prima trilogia di Star Wars, decide di tentare la trasposizione del grandioso romanzo sullo schermo, affidando all’allora promettente regista David Lynch (che si era già distinto per Eraserhead ed Elephant man) la direzione del faraonico progetto. E’ da evidenziare che poco prima Lynch aveva rifiutato la proposta di dirigere Il ritorno dello Jedi, ritenendo che la saga di Guerre Stellari fosse ormai troppo ‘inquadrata’ dal punto di vista creativo e produttivo dal suo creatore Lucas. Lynch, autore da sempre geloso della propria autonomia artistica, pur non conoscendo inizialmente il romanzo, si butta nella rischiosa impresa, collaborando con Frank Herbert per la stesura della sceneggiatura. Ma le esigenze creative del geniale Lynch si scontrarono presto con le ristrette vedute e il portafoglio dei produttori. Il budget iniziale sforò di quasi 7 milioni di dollari facendo diventare Dune una delle produzioni di fantascienza più costose e al contempo più fallimentari (almeno nell’immediato) di tutti i tempi. Non abituato a gestire produzioni di queste dimensioni, Lynch si sentì bloccato nella sua inventiva ed espropriato della sua creazione dalla produzione. Infatti alla fine, su oltre 4 ore di materiale girato dal regista, i De Laurentiis ne fecero uscire solo un paio d’ore, comprimendo in maniera quasi fatale il complesso e variegato universo creato da Herbert.

Dune: da flop a cult

L’insuccesso commerciale (soprattutto negli USA) e le stroncature della critica non si fecero attendere, compresa quella di Jodorowsky, contrariato dal fatto che Lynch fosse riuscito a portare a termine l’opera. Indubbiamente ci troviamo di fronte ad un’opera imperfetta, resa poco comprensibile principalmente a causa dei tagli selvaggi operati dai produttori. Sicuramente la storia si presenta piuttosto criptica, soprattutto per chi non ha letto il romanzo. Non giova neanche il prologo ‘spiegone’ fatto dalla principessa Irulan, voluto dalla produzione, per introdurre lo scenario complesso dove si svolge la vicenda. Inoltre la scelta coraggiosa ma inopportuna di Lynch di ricorrere ai monologhi interiori dei personaggi (come nel romanzo) fu aspramente criticata per la sua goffa teatralità. Del resto quando vari personaggi sono dotati di poteri di preveggenza o telepatici la scelta del regista di far sentire i pensieri diventa quasi obbligata. Anche sotto l’aspetto degli effetti speciali e del montaggio non mancano sbavature ed imperfezioni come ad esempio certe sequenze di combattimento frettolose e ripetitive tra i mercenari imperiali e gli Atreides oppure in una scena di atterraggio di una navicella dove risalta all’occhio chiaramente la differenza di ‘grana’ rispetto agli altri elementi presenti nella stessa inquadratura.

Eppure, come il buon vino, Dune è migliorato invecchiando e negli anni ha recuperato abbondanti guadagni nel mercato dell’home video; invece in Europa è stato apprezzato fin da subito da un pubblico forse più raffinato nei gusti rispetto a quello statunitense. Sebbene la dimensione del kolossal probabilmente non si addica a Lynch, possiamo affermare che Dune, nonostante il suo sviluppo narrativo farraginoso, per la sua messinscena visionaria risulta più affascinante del libro, tutto sommato piuttosto verboso e statico (aspetto più accentuato soprattutto nei capitoli successivi della saga). Un po’ come nel caso del Blade Runner di Scott nei confronti del romanzo di Dick, Lynch riesce a dare la sua impronta autoriale inconfondibile, risultando alla fine in qualche modo più accattivante della sua fonte letteraria, pur rimanendo in sostanza fedele all’opera di Herbert. Lynch, da perfezionista maniacale, curò scrupolosamente la realizzazione dei costumi e delle scenografie dei mondi dove hanno sede le rispettive casate, caratterizzando con luci e colori differenti, anche grazie all’ottima fotografia di Freddie Francis (già valido regista horror per la Hammer), le varie ambientazioni. Per le astronavi, i grandiosi palazzi e scenari si è ricorsi a modellini in scala e anche a grandezza naturale, opera del modellista Kit West (Guerre Stellari) e dello scenografo Anthony Masters (2001: Odissea nello spazio); l’estro visionario del regista è particolarmente ravvisabile nelle atmosfere oniriche e cupe e nell’ accentuazione degli aspetti più alieni e bizzarri di ambienti e personaggi. Formidabile la caratterizzazione dei ‘cattivi’ Harkonnen, crudeli e sadici fino a rasentare la follia, e dell’inquietante Gilda Spaziale con i suoi mostruosi navigatori ‘mutanti’ e servitori semiumani. Singolare e innovativa al cinema, risulta la rappresentazione di un universo fosco e antitecnologico dove viaggi spaziali, armi avveniristiche e scudi d’energia convivono fianco a fianco con società semifeudali, antiche corporazioni, duelli all’arma bianca e poteri esoterici e messianici che sconfinano nella magia. A grandi linee questo scenario nasce dal romanzo ma va dato merito a Lynch di averlo visualizzato in modo suggestivo. In Dune tutto è enigmatico ed esotico a partire dalla fantomatica spezia melange motore di tutte le azioni (e trasformazioni) della storia, passando dal popolo dei Fremen, i segreti dominatori di Arrakis dalle usanze arabeggianti (anche nella terminologia) senza dimenticare naturalmente i vermi giganti delle sabbie (realizzati magistralmente da Carlo Rambaldi) che vagano incessantemente per i deserti del pianeta avventandosi su qualsiasi forma di vita in movimento sulla superficie sabbiosa e infine l’ambigua e misteriosa sorellanza esoterica delle Bene Gesserit, sorta di ‘streghe’ dai poteri paranormali.
Anche le musiche evocative contribuiscono alla singolare miscela di vecchio e di nuovo, dove si passa con disinvoltura dalla musica sinfonica classica ai moderni Toto Brian Eno.
Per le suddette peculiari caratteristiche Dune passò dallo stato di stravagante fiasco commerciale a quello di originale opera di culto, ancor più apprezzabile nel cinema fantascientifico odierno dove siamo sommersi da una valanga di puerili remake e reboot.

Dune

Il cast di Dune

Particolare attenzione fu posta nella scelta del cast anche da parte della produzione: l’eroe predestinato Paul Atreides è impersonato dal futuro attore simbolo di Lynch, Kyle MacLachlan, ancora lontano dalla fama dell’agente Cooper di Twin Peaks, che ebbe la parte tra centinaia di aspiranti; nella parte dei genitori di Paul troviamo Francesca Annis (Lady Jessica), già attrice per Polanski, e il solido caratterista tedesco Jürgen Prochnow nel ruolo del Duca Leto; indimenticabile la caratterizzazione fornita da Kenneth McMillan nel ruolo del degenerato Barone Harkonnen affiancato dai suoi feroci pupilli Rabban la Bestia (Paul L. Smith) e Feyd-Rautha interpretato dalla rockstar Sting; nella parte dell’infido imperatore abbiamo José Ferrer e in quella del planetologo dr. Kynes il grande Max von Sydow; per brevità ricordiamo ancora solamente l’attore teatrale Patrick Stewart (il futuro capitano Picard nella serie tv Star Trek: The Next Generation) nella parte del maestro d’armi di Paul, Sean Young (già nota per Blade Runner) nel ruolo della guerriera fremen Chani e infine l’attrice italiana Silvana Mangano (moglie di De Laurentiis) nei panni dell’ambigua Reverenda Madre delle Bene Gesserit, qui in una delle sue ultime apparizioni sullo schermo. Come possiamo vedere, quindi, ci troviamo di fronte a un cast all’altezza della sontuosa produzione che unisce grandi attori, affermati caratteristi e future promesse.

Le versioni di Dune e le differenze con il romanzo

Come per il cult horror The Wicker Man, anche il film Dune, mutilato dai tagli e funestato da una lavorazione travagliata*, ha suscitato da sempre nei suoi fan ed estimatori la speranza di poter ritrovare tutto il materiale girato in origine che secondo lo scrittore Frank Herbert, poteva ammontare a circa 5 ore di pellicola, probabilmente ormai andate perdute in gran parte dopo lo scarto operato in fase di montaggio finale. Dopo i contrasti sorti con i produttori durante la lavorazione, Lynch non ebbe mai il suo “director’s cut” e anni dopo si sentì ulteriormente tradito quando fu messa assieme una versione estesa del film per la televisione statunitense, la cosiddetta “Allen Smithee“, pseudonimo con cui si firmano quelle versioni di film non riconosciute dai suoi autori. Nonostante il ripristino di alcune scene tagliate (e l’eliminazione di altre), questa versione di 180 minuti risulta pessima per montaggio, colori e aspect ratio. Anche la più recente versione rieditata in Blu-ray rimane fortemente mutilata. Sorprendentemente la versione di Dune più completa attualmente è venuta da un’iniziativa non ufficiale ad opera di un ignoto fan che si firma come Spicediver: in questa Alternative Edition Redux (2008-2012) dalla durata di 2 ore e 58 minuti, il volenteroso Spicediver  ha recuperato tutti gli spezzoni disponibili delle scene eliminate rimontando l’intera pellicola secondo la logica della narrazione, correggendo diversi errori e restaurando (per quanto possibile) anche il colore e la colonna sonora. Da questo lavoro meritevole viene fuori un film sicuramente più comprensibile e ancor più aderente al romanzo. Inizialmente nella prima versione della Alternative Edition del 2008 per completezza erano state inserite delle bozze disegnate (poi successivamente eliminate) con voce fuori campo che ci spiegavano come era nata la singolare società antiscientifica (ma tesa allo sviluppo di facoltà paranormali tramite selezione genetica) che fa da sfondo alla monumentale storia. Questo prologo alla vicenda è ora visibile a parte qui.

Come già anticipato, la principale differenza tra il romanzo e il film consiste nella maggiore enfatizzazione data dal visionario Lynch agli aspetti più crudeli e grotteschi presenti in situazioni, ambienti e personaggi: il Barone Harkonnen è dipinto come un folle dal viso deturpato da sgradevoli malattie; scene ‘forti’ come l’uccisione dello schiavo tramite la rimozione della cardiovalvola non sono presenti nel romanzo; così come non sono presenti altre deformità e alterazioni chirurgiche che i crudeli Harkonnen praticano sui loro schiavi e prigionieri. Anche per i luogotenenti del barone (come Rabban la Bestia) il regista mette in risalto maggiormente la loro crudeltà e sadismo rispetto al romanzo. Sempre Lynch mostra i guerrieri Sardaukar, coperti da scafandri neri, apparentemente non umani, a differenza del romanzo dove appaiono come uomini comuni. Poco umani o quasi ‘alieni’ appaiono anche i membri della misteriosa Gilda Spaziale: la loro entrata in scena durante la visita alla corte imperiale ricorda un’analoga scena di Elephant Man. In effetti il bizzarro e il mostruoso hanno sempre affascinato Lynch, regista sempre pronto a cogliere gli aspetti più malsani e lugubri della realtà. Ovviamente, vista la mole del libro, alcuni aspetti e personaggi secondari sono stati semplificati o eliminati come nel caso del Conte Fenring, spietato consigliere dell’imperatore. Lynch semplifica anche la questione della superiorità in combattimento dei Sardaukar (molto enfatizzata nel romanzo) dotando i Fremen e gli Atreides di una nuova arma sonica che permetterà loro di trionfare.
A livello di intreccio forse la differenza più grossa consiste nel fatto che nel film non si fa cenno alla segreta discendenza Harkonnen di Jessica e Paul Atreides. E’ stato parzialmente tagliato dalla versione cinematografica il finale del libro che vedeva Paul esiliare l’imperatore Shaddam IV sul pianeta Salusa Secundus, diventare a sua volta il nuovo Imperatore e sposare la principessa Irulan. Nella versione ufficiale del film invece, dopo la resa dei conti, Paul usa i suoi poteri per far piovere su Arrakis e la sorellina Alia lo proclama come l’atteso Kwisatz Haderach, l’essere superiore destinato a compiere la profezia. Nell’Alternative Edition sopracitata, è possibile vedere il finale ‘originale’ più esteso, girato da Lynch, ma senza la pioggia miracolosa.
Altre scene presenti nel testo, che si presumeva non inserite nel film, sono state invece recuperate nella Alternative Edition come il rinvenimento della confessione scritta del traditore Yueh che Paul e sua madre leggono durante la fuga, o il duello all’ultimo sangue di Paul con il Fremen Jamis e la successiva presa di possesso della moglie e dei figli dello sconfitto da parte del nobile Atreides. Per concludere possiamo dire che manca nel film il tono politico e impegnato di cui è permeato il libro, aspetto comunque lontano dalla vena artistica di Lynch.

Come eredità diretta Dune ci ha lasciato due miniserie televisive intitolate Dune il destino dell’universo (Frank Herbert’s Dune – 2000) e I figli di Dune (Frank Herbert’s Children of Dune – 2003) molto fedeli agli scritti di Herbert ma realizzati piuttosto poveramente. Al cinema e in tv tracce vaghe dell’opera di Lynch sono ravvisabili, sotto l’aspetto ‘visivo’, nella serie Babylon 5 e nel recente film Mad Max: Fury Road. Senza dimenticare gli oscuri Necromongers (simili ai Sardaukar) che appaiono nel film The Chronicles of Riddick (2004) ambientato in un universo dalle cupe scenografie goticheggianti (astronavi, palazzi, armature…) che sembrano alquanto ‘ispirate’ al Dune di Lynch.
Terminiamo, dicendo che in questa epoca di scontati sequel e remake, sarebbe opportuno guardare con maggiore attenzione da parte di registi e produttori alle grandi space opera della fantascienza letteraria che attendono di essere portate sullo schermo da qualche coraggioso. Buttiamo là qualche titolo in ordine sparso: Fondazione di Asimov, I Principi Demoni di Jack Vance, Fabbricanti di Universi di Philip J. Farmer, Hyperion di Dan Simmons, La Mente di Schar di Iain M. Banks, Ringworld di Larry Niven…
Per adesso ci fermiamo qui.

 

Titolo: Dune (Dune)
Anno: 1984
Regia: David Lynch
Produzione: USA – Dino e Raffaella De Laurentiis – Durata: 137 min. – 183 min. (Alternative Edition)
Sceneggiatura: David Lynch, Frank Herbert
Fotografia: Freddie Francis
Effetti speciali: Albert J. Whitlock, Barry Nolan, John Dykstra, Kit West, Carlo Rambaldi
Scenografie: Anthony Masters
Musica: Toto, Brian Eno
Interpreti: Kyle MacLachlan, José Ferrer, Silvana Mangano, Sean Young, Sting, Jürgen Prochnow, Max von Sydow, Kenneth McMillan, Francesca Annis, Virginia Madsen, Richard Jordan, Everett McGill, Brad Dourif, Patrick Stewart, Dean Stockwell, Linda Hunt, Paul Smith

Note
* Come luogo delle riprese vennero scelti i Churubusco Studios a Città del Messico, per via del deserto nelle vicinanze e per la svalutazione della moneta locale che permise di girare il film a un quarto del costo degli Stati Uniti. Purtroppo, nonostante il potenziale risparmio non sono mancati disagi e problemi: infestazioni di scarafaggi, la burocrazia inefficiente del Messico, frequenti abbassamenti di tensione sulla rete elettrica che hanno reso necessario avere generatori di riserva a portata di mano in ogni momento, una rete telefonica primitiva con una sola linea diretta con l’ufficio di produzione, smog peggio di Los Angeles, e la vendetta di Montezuma che ha colpito la metà degli europei della troupe. Alla fine i costi levitarono inesorabilmente: gli addetti alla produzione raggiunsero un totale di 1700 con la costruzione di 80 set su 16 teatri di posa, più di 6 anni di lavoro, di cui tre anni e mezzo per David Lynch.

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