Upgrade (2018)
Con una certa disinvoltura, gli specialisti dell’horror low-budget della Blumhouse si danno alla fantascienza dai risvolti ‘cyberpunk‘ con risultati altalenanti. Alla fine Upgrade risulta essere l’upgrade (tecnologico) di Robocop e similari. Il protagonista, reso tetraplegico da una brutale e misteriosa aggressione, al posto dell’armatura robotica si ritrova impiantato nel collo un chip chiamato STEM che si rivela essere una avanzatissima Intelligenza Artificiale in grado di fornire al corpo che la ospita facoltà sovrumane. Ovviamente il nostro eroe, potenziato da STEM, potrà cominciare la sua terribile vendetta contro chi lo ha menomato e ucciso la moglie anche se l’IA dentro di lui si dimostrerà piuttosto invadente. Seppur fortemente derivativo, Upgrade come action-revenge movie è abbastanza godibile e scorrevole ma come spesso accade in questo tipo di film, si cade sul finale. Per voler giustificare sbrigativamente qualche colpo di scena di troppo, si perde in verosimiglianza, esagerando gratuitamente le capacità di STEM.
Logan Marshall-Green nella parte del miracolato Gray Trace se la cava bene, peccato però che sembri il sosia del più noto e massiccio Tom Hardy (che in Venom curiosamente rivestirà un ruolo simile).
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Valerian e la città dei mille pianeti (2017)
Se la fortunata serie a fumetti Valérian e Laureline agenti spazio-temporali (1967-2010) ideata e disegnata da Pierre Christin e Jean-Claude Mézières, può essere considerata per certi aspetti anticipatrice e ispiratrice di pellicole celeberrime come Star Wars e Avatar, l’ambizioso colossal tratto dal fumetto belga, Valerian e la città dei mille pianeti (2017) firmato Luc Besson, finisce per essere una copia sbiadita dei due classici citati. Infarcito di sontuosi effetti speciali, ma frenetico e puerile nello sprecare gli interessanti spunti offerti dalla vicenda, Valerian costituisce un passo indietro rispetto a Il quinto elemento, riuscito esempio di fantascienza (o meglio space opera) europea, alternativa ai consolidati modelli a stelle e strisce. Il film più costoso del cinema francese mette troppa carne al fuoco e non decolla mai, zavorrato anche dai due protagonisti interpretati da Dane DeHaan e Cara Delevigne che risultano piuttosto antipatici e senza intesa. Il tono forzatamente ‘leggero’ della pellicola ma senza vero umorismo dissipa il ‘sense of wonder’, elemento indispensabile di ogni space opera. Besson vuole infilare nel film tutto il suo immaginario, faticosamente compresso nella storia ambientata nella straordinaria città intergalattica di Alpha, dove due agenti spazio-temporali indagano sul mistero che minaccia l’esistenza di una colonia in cui convivono le principali civiltà dell’universo. Ma anche se non mancano sequenze spettacolari e immaginifiche, alla fine rimane la sensazione di uno spreco colossale.
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Alien: Covenant (2017)
Rimaniamo dell’idea che certi film non dovrebbero avere sequel o remake: è il caso di Alien (1979) esempio perfetto e innovativo di cinema fanta-horror sugli alieni. Purtroppo, spesso produttori e/o registi sono di diverso avviso. Ed ecco che siamo arrivati (non senza fatica e mille ripensamenti) ad Alien: Covenant classico esempio di ‘montagna che ha partorito il topolino’. Ridley Scott riprende in mano la sua creatura, dopo l’interessante ma controverso Prometheus del 2012, ma rimane fatalmente indeciso se dare un seguito al prequel Prometheus od omaggiare il capostipite Alien per replicarne il successo. Nonostante la regia sempre impeccabile di Scott, alla fine viene fuori un film ibrido (come gli alieni della pellicola) che ripropone pedissequamente le dinamiche del primo classico Alien ma al contempo porta avanti la storia di Prometheus con lo svelamento del mistero sulla razza degli Ingegneri, i creatori dei letali xenomorfi. Ma il tutto viene fatto in maniera sbrigativa e insoddisfacente, soprattutto rispetto alle aspettative create dal suggestivo prequel. Invece la scelta di riproporre Alien, seppur ambientato su un pianeta diverso e con nuovi mostri, si rivelerà fatale anche per il box office. Ancora una volta un equipaggio di un’ astronave colonizzatrice sbarca su un pianeta sconosciuto, attirati da una strana trasmissione radio. Non mancano una scialba simil-Ripley, e l’androide di bordo Walter (Michael Fassbender) che dovrà vedersela con il suo gemello cattivo David che abbiamo visto in Prometheus partire nel finale alla scoperta del pianeta dei semidivini Ingegneri insieme all’unica superstite umana Elizabeth Shaw (Noomi Rapace). Imbarazzante e ai confini del ridicolo risulta la sprovvedutezza dimostrata dai coloni spaziali quando devono esplorare il nuovo pianeta. Ovviamente tra effettacci splatter e mostruose inseminazioni saranno tutti facile preda dei xenomorfi evoluti in nuove letali varianti. Tra i più mostruosi e sgradevoli si distingue il ‘Neomorfo‘ una versione albina del mostro classico.
Ormai prigioniero delle logiche dei grandi franchise cinematografici, Ridley Scott non ne azzecca più una.
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