The Wicker ManIl sergente di polizia Neil Howie, cristiano fervente e bigotto, riceve una lettera anonima che richiede la sua presenza a Summerisle, una remota isola al largo delle coste scozzesi. La lettera denuncia la scomparsa di una bambina di nome Rowan Morrison che risulta introvabile da mesi. Howie si reca da solo sull’isola per indagare sulla misteriosa scomparsa ma qui gli abitanti, seppur affabili e cordiali, si dimostrano poco collaborativi  e negano persino che la ragazzina sia mai esistita. Il sergente non si dà per vinto e vuole scavare più a fondo nell’oscura vicenda ma rimane sorpreso e disgustato dalle strane usanze degli isolani che sembrano dediti ad antichi culti pagani…

The Wicker Man (in italiano “l’uomo di vimini”), film colpevolmente rimasto inedito nel nostro paese, dagli inizi umili e travagliati ha visto crescere costantemente negli anni la sua fama e reputazione fino a diventare uno dei principali film cult degli ultimi 40 anni e ad essere considerato uno dei migliori horror (e non solo) britannici di sempre. L’idea di The Wicker Man vide la luce nel 1971, quando l’attore Christopher Lee (stufo di indossare le vesti di Dracula), il produttore cinematografico indipendente Peter Snell, e lo scrittore commediografo Anthony Shaffer, si incontrarono e iniziarono a discutere la possibilità di lavorare su un progetto di film di interesse comune. Shaffer aveva letto un romanzo del 1967 intitolato Ritual di David Pinner che riteneva adatto per trarne un film horror basato sul paganesimo; insieme agli altri membri del gruppo acquisì i diritti cinematografici del libro per alcune migliaia di sterline. Ma presto ci si rese conto che il libro non era abbastanza eccitante per essere trasformato in una produzione utile al loro progetto. Allora un vecchio socio di Shaffer, il regista Robin Hardy, entrò in scena e durante un weekend sviluppò insieme agli altri alcune idee nuove che hanno portato il film molto vicino a quello che conosciamo ovvero una storia incentrata sulla battaglia di ideali tra un sergente di polizia devotamente cristiano e le antiche credenze pagane della gente di un’isola delle Ebridi chiamata Summerisle. La forza di questo mistery affascinante ed insolito sta tutta nell’impietoso contrasto tra il represso e bigotto poliziotto che si ritrova intrappolato in un mondo che non capisce e i disinibiti isolani capitanati dall’affabile ma ambiguo Lord Summerisle, gran sacerdote di arcaici culti celtici che uniscono senza remore costumi sessuali molto liberi con crudeli riti propiziatori. Eppure lo spettatore difficilmente parteggerà per il malcapitato ma fanatico poliziotto che si ritrova invischiato in una macchinazione diabolica che ci guida fino all’imprevedibile colpo di scena finale. La ricostruzione dei culti pagani e dei riti della fertilità della tradizione britannica che compaiono nel film è accurata e autentica: la principale fonte di documentazione di Shaffer è costituita da Il ramo d’oro l’opera in 12 volumi dell’antropologo James George Frazer. Processioni danzanti mascherate, riti orgiastici, canzoni e filastrocche bizzarre attraversano tutto il film, fino ad arrivare al terribile uomo di vimini che gli antichi Druidi usavano per bruciare le loro vittime sacrificali come già riportava il De Bello Gallico di Giulio Cesare. Non ci sono nel film eventi soprannaturali o apparizioni mostruose ma suspense e mistero non vengono mai meno, accompagnati da una vena di umorismo nero di inconfondibile marca ‘British’; i valori borghesi e repressivi incarnati dal personaggio del sergente Howie vengono messi in crisi dall’erotismo insinuante e vitale dei pagani. Fece scalpore la scena della scatenata danza nuda dell’attrice svedese Britt Ekland (però per le riprese da ‘dietro’ fu usata una controfigura). Il crudele finale è accompagnato da un’allegra canzone cantata dagli isolani (Sumer is icumen in), un canto risalente al XIII secolo scritta nell’antico dialetto del Wessex. Per la riuscita del film è risultata fondamentale la colonna sonora, composta da Paul Giovanni, che ha operato un suggestivo mix tra vari brani presi dal folklore. Quasi come in un musical questi canti audaci e gioiosi fanno da surreale accompagnamento alla libera vita (sessuale) degli isolani. Christopher Lee nella parte di Lord Summerisle ci offre una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Edward Woodward nel ruolo del goffo e religioso sergente Howie fornì una prova convincente che lo lanciò verso ruoli importanti anche televisivi. Sicura e raffinata la regia dell’esordiente Robin Hardy, nonostante i dissapori con lo sceneggiatore Shaffer che si considerava l’unico vero creatore del film. Purtroppo sin dall’inizio The Wicker Man ebbe problemi finanziari, distributivi e di censura, finendo per subire pesanti tagli da parte della British Lion. Per anni girò una versione incompleta del film, stravolto come un qualsiasi B movie. Tanto più che i negativi originali andarono incidentalmente persi.

Christopher Lee, The Wicker Man

Durante gli anni ’70, il regista Hardy insieme ai soci cercò di riportare il film al suo stato originale ma senza successo. Addirittura pare che il metraggio inedito fu seppellito durante la costruzione di un’autostrada. Poi in seguito Hardy riuscì a ricostruire in parte la struttura narrativa originale grazie al recupero di una copia del film inedito che era stata mandata anni prima a Roger Corman negli USA. Venne assemblata una versione di circa 99 minuti, conosciuta come ‘Long Version’ o ‘The Extended Version’ nei DVD. Del film tuttavia risultano mancanti sempre alcune scene come ha ricordato Christopher Lee (che aveva accettato di lavorare senza paga per la scarsità del budget e la crisi della British Lion) in varie interviste rilasciate sull’argomento. Allan Brown, autore del libro Inside the Wicker Man, rivelò che aveva scoperto una serie di foto fatte sul set durante la produzione del film, che mostrano riprese di scene mai viste prima che vedono Howie incontrarsi con una prostituta, ricevere un massaggio da Willow McGregor/Britt Ekland e assistere a una rissa in un pub. Nel 2013 venne rinvenuta un’altra copia di 92 minuti nell’archivio dei film di Harvard, conosciuta come ‘la versione di mezzo’. Anche se probabilmente non si riuscirà a riportare il film al suo stato originale, The Wicker Man ha avuto numerosi riconoscimenti dalla critica; nel 1977 la rivista americana Cinefantastique lo definì come “Il Quarto Potere dei film dell’orrore” in riferimento al grande capolavoro di Orson Welles.
The Wicker Man sembra essere rimasto ‘attaccato’ ai suoi autori e protagonisti in maniera un po’ ossessiva: nel 1989, l’ambizioso Shaffer scrisse un copione di trenta pagine intitolato The Loathsome Lambton Worm (“L’odioso verme di Lambton”), una sorta di fantasioso sequel di The Wicker Man. Ma la cosa non ebbe alcun seguito anche perché il copione non incontrò il favore degli ex soci. Il regista Robin Hardy, destinato a una carriera di secondo piano ma ancora legato al suo primo capolavoro, nel 2010 ha diretto The Wicker Tree, una produzione indie tratto da un suo stesso romanzo, intitolato Cowboys for Christ. Non si tratta di un sequel vero e proprio ma di un film similare che affronta gli stessi temi dell’originale, destinato a costituire il secondo capitolo di una fantomatica trilogia, come ha dichiarato lo stesso Hardy nel 2007. In una breve scena compare ancora il vecchio Christopher Lee che dopo tanti anni non aveva ancora abbandonato la speranza di ritrovare una copia integrale del film del ’73 sepolta in qualche deposito dimenticato. Ironicamente lo stesso Woodward, popolare attore televisivo a quei tempi, è nella realtà un fervente cristiano come il personaggio che ha interpretato. Nel 2006 viene realizzato un inutile e fallimentare remake intitolato Il prescelto con Nicholas Cage.

Titolo: The Wicker Man
Anno: 1973
Regia: Robin Hardy
Produzione: Gran Bretagna – British Lion Films – durata: 102 min.
Sceneggiatura: Anthony Shaffer
Fotografia: Harry Waxman
Scenografia: Seamus Flannery
Musica: Paul Giovanni, Gary Carpenter
Interpreti: Edward Woodward, Christopher Lee, Diane Cilento, Britt Ekland, Ingrid Pitt, Lindsay Kemp


 

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