AutomataNella Terra desertificata da catastrofici fenomeni solari dell’anno 2044, si muove il coscienzioso ma tormentato Jacq Vaucan, investigatore assicurativo che lavora per una società di robotica con il compito di indagare sugli automi difettosi. Infatti per aiutare una razza umana in costante declino sono stati creati i Pilgrim, robot androidi in grado di operare in ambienti ormai divenuti ostili all’uomo. Vaucan, durante una delle sue indagini, si imbatte in alcuni robot che sembrano in grado di auto ripararsi e di prendere decisioni autonome. Si tratta di una ‘naturale’ evoluzione delle macchine o qualcuno ci ha messo mano?

Autómata, co-produzione USA-Spagna, girata in Bulgaria, è un film di fantascienza dalle intenzioni ‘serie’ che affronta il classico tema dei robot e della loro presa di coscienza nei confronti dei creatori umani. Le premesse sono buone, con inevitabili rimandi a Blade Runner e alle sue scenografie di città cupe e piovose con giganteschi ologrammi pubblicitari che si muovono tra palazzi e grattacieli. Accanto a queste ormai consuete ambientazioni futuribili noir, troviamo dei robot che, come i classici automi positronici di Asimov, devono sottostare a delle regole (o meglio protocolli) che ne limitino autonomia ed intraprendenza per ovvi motivi di sicurezza. Questo aspetto delle leggi robotiche in verità al cinema è stato affrontato poche volte: ricordiamo solo il deludente  I, Robot  interpretato da Will Smith. Autómata parte bene, a cominciare dai bei titoli di testa in bianco e nero per continuare con la scena dell’esecuzione del robot da parte di un poliziotto e quella del detective Vaucan (Antonio Banderas) alle prese con un imbroglio assicurativo che coinvolge anche un robot accusato dai padroni di aver ucciso il cane di famiglia. Va dato merito al regista Gabe Ibáñez di avere evitato almeno per tre quarti del film la via dell’ action fracassone all’americana con robot dediti ad improbabili acrobazie. Anzi i robot di Autómata hanno movenze piuttosto realistiche e tecnicamente plausibili. Naturalmente se non sei Kubrick o Scott, è difficile mantenersi su alti livelli di originalità e stile per tutta la durata di un film di questo genere, soprattutto quando devi fare i conti con opere (e relative creature artificiali) come Blade Runner, A.I., Il mondo dei robot, Robocop, Terminator, etc… Anche se, cosa sorprendente, i robot di Autómata non hanno come obiettivo primario la distruzione del genere umano od una rivolta violenta come accade in tante altre pellicole. Ibáñez privilegia gli aspetti concernenti l’evoluzione degli androidi, soprattutto con il personaggio del robot gentile ‘Clio’ dalle parvenze femminili che si cimenta anche in una ‘tenera’ scena di ballo con Banderas. Buona comunque la prova del cast, a cominciare da Antonio Banderas nella parte del tormentato protagonista e Robert Forster grande caratterista ‘riscoperto’ da Tarantino in anni recenti. Le note dolenti sono costituite invece da una soluzione un po’ debole e scontata del mistero ‘robotico’ e da un finale (con sparatoria) sbrigativo ed improbabile; ma almeno diamo merito ad Autómata, pur non risultando particolarmente originale, di non essere il solito remake/reboot di qualche film precedente.

Titolo: Autómata
Regia:
Gabe Ibáñez
Anno: 2014
Produzione: Spagna/USA – Green Moon –  Colore, durata 109 min.
Sceneggiatura: Gabe Ibáñez, Igor Legarreta, Javier Sánchez Donate
Fotografia: Alejandro Martinez
Scenografia: Patrick Salvador
Musica: Zacarías M. de la Riva
Interpreti: Antonio Banderas, Birgitte Hjort Sørensen, Melanie Griffith, Dylan McDermott, Robert Forster, Tim McInnerny, Andy Nyman



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