Lo Chiamavano Jeeg Robot

Enzo Ceccotti, un ladruncolo romano di Tor Bella Monaca, durante un inseguimento da parte della polizia dopo aver rubato un orologio, per sfuggire alla cattura si butta nelle acque del Tevere. Ma qui Enzo entra in contatto con delle sostanze radioattive contenute in alcuni bidoni nascosti sotto la battigia. Scampato all’arresto, il giorno dopo si rende conto di aver acquisito una forza sovrumana e di essere diventato invulnerabile. La prima idea del malfattore è ovviamente quella di usare le sue nuove facoltà per scopi criminosi ma l’incontro con Alessia, una ragazza con evidenti problemi mentali ossessionata dall’anime Jeeg robot d’acciaio, lo costringerà a rivedere le sue priorità nella vita… 

 

Supereroi italiani

Fortunatamente tornato con successo nelle sale dopo il trionfo ai David di Donatello, Lo chiamavano Jeeg Robot rappresenta il gradito ritorno in Italia del cinema popolare di genere da tempo ridotto ai minimi termini nel nostro paese. Dopo Il ragazzo invisibile (2014) di Gabriele Salvatores, un altro supereroe italiano fa la sua comparsa al cinema, in un genere di film (tipicamente americano) che da noi non ha mai avuto particolare sviluppo a livello autoctono. Ricordiamo soltanto I Fantastici tre supermen del 1967, per’altro non di derivazione fumettistica, dove tre funamboli in costume rosso e nero si esibivano in una serie di imprese tra il comico e il trash. In compenso due celebri super cattivi mascherati del fumetto italiano come Diabolik e Kriminal ebbero l’onore della ribalta cinematografica in due film rispettivamente del 1967 e 1966 diretti da Mario Bava e Umberto Lenzi. Eppure in Italia una tradizione nei comics di supereroi, più o meno mascherati o forzuti, è esistita fin dagli anni ’30/40. Ricordiamo brevemente alcuni personaggi, oggi in gran parte caduti nell’oblio, ma che all’epoca godevano di una certa popolarità come Dick Fulmine, L’Uomo Blindato, Tanks l’uomo d’acciaio, Ciclone, Asso di Picche, Mistero, Devil, Misterix, Plutos, Radar, Atomik…
Alcuni di questi derivano chiaramente dai classici Superman e Batman, altri invece sorprendentemente sembrano anticipare certe caratteristiche di alcuni eroi Marvel come Iron Man o Daredevil. Ma in Italia non c’è mai stato il mito popolare tutto americano del vigilante giustiziere mascherato, protettore dei deboli e vendicatore dei torti subiti. Quando approdarono in Italia con successo anche i personaggi della Marvel (Spiderman & C.) pubblicati dall’Editoriale Corno, questo portò alla totale scomparsa dei supereroi made in Italy fin dai primi anni 70. Anche in seguito il fumetto italiano (e tantomeno il cinema) non seppe (o non volle) cogliere le potenzialità delle storie con personaggi dai poteri sovrumani.

Lo Chiamavano Jeeg Robot

 

Quando un coatto diventa supereroe

Per quanto riguarda Lo chiamavano Jeeg Robot, il regista Gabriele Mainetti ha deciso di ispirarsi idealmente all’immaginario contemporaneo dei manga e degli anime, per la precisione alle creazioni di Gō Nagai, fumettista e scrittore giapponese creatore dei robot Mazinga Z, Ufo Robot e Jeeg Robot d’acciaio, versioni super-tecnologiche in stile ‘samurai’ degli eroi dei comics made in USA. Ma nel nostro film, a parte il titolo e gli anime da cui il personaggio di Alessia è ossessionata, troviamo in concreto lo sprovveduto e limitato Enzo Ceccotti, personaggio solitario e introverso che si muove nella degradata periferia romana alla ricerca di imprese criminose di incerto successo. Ma come nella migliore tradizione dei fumetti di supereroi americani, si imbatte incidentalmente in ‘miracolose’ sostanze radioattive (proprio come nel caso di Daredevil, Spiderman o Hulk) che gli fanno acquisire poteri sovrumani. Disinteressato a tutto tranne che alla sua carriera di piccolo criminale, Ceccotti non sembra neanche rendersi conto della reale portata della cosa: “Io no’o so che mm’è successo però me sento bbene” è la sua prima memorabile dichiarazione su quanto gli è accaduto. Va dato atto all’esordiente Mainetti e agli sceneggiatori (Nicola Guaglianone e il fumettista Menotti) di aver affrontato con brillante scioltezza e originalità la tematica supereroistica senza cadere nel ridicolo involontario o nella banale imitazione dei modelli americani. Anzi viene tracciata con sicurezza una via italiana ai supereroi tecnicamente inappuntabile e creativamente valida, senza rinunciare a un’efficace ambientazione romana non tanto da ‘grande bellezza’ ma sordida e degradata. E’ innanzitutto un film appassionante (soprattutto per chi apprezza e condivide le ‘regole’ di questo genere) dove momenti di violenza pulp e di umorismo grottesco (il protagonista che cerca di riattaccarsi un dito del piede con del nastro adesivo) si alternano a momenti più intimi e toccanti come il rapporto problematico tra  lo sbandato Ceccotti e Alessia la ragazza che confonde la cruda realtà con le fantasiose imprese di Jeeg robot. Sarà proprio cercando di aiutare lei che il nostro super coatto proverà dei sentimenti veri e si evolverà in un vero supereroe pronto ad aiutare gli indifesi e a combattere i malvagi, riscattando una vita squallida e senza scopo. Non manca, come da regola, la scazzottata finale nei pressi dello stadio con il super cattivo, anche lui dotato di super poteri, dove vengono sfasciati un po’ di muri. Poi nell’ultima suggestiva scena il regista dimostra di conoscere bene la lezione dei classici del genere da Batman a Spiderman.

Spoiler!

Quando Enzo Ceccotti (dato per defunto) si erge sul Colosseo indossando la maschera da Jeeg robot donatagli da Alessia si sorride ma anche ci si commuove un poco. Come New York o Gotham City anche Roma ha il suo supereroe.

Fondamentale per la riuscita del film risulta la prova del cast a cominciare da un massiccio (ingrassato di 20 kg per l’occasione) e letargico Claudio Santamaria in grande vena; Ilenia Pastorelli è la tenera Alessia, ragazza attraente ma con problemi psichici, vittima di un mondo sordido e malvagio; naturalmente ogni storia di supereroi che si rispetti ha bisogno di un villain che si rispetti, qui per l’occasione interpretato da un ispirato Luca Marinelli nella parte dello Zingaro, il feroce capo degli spacciatori, psicopatico sopra le righe nella migliore tradizione da Scarface a Romanzo Criminale. Ottime e funzionali al film sono anche la fotografia che ritrae una Roma livida e desolata, e il montaggio serrato delle scene d’azione, senza dimenticare le musiche curate dallo stesso Mainetti.
Non sappiamo se Jeeg Robot avrà un secondo capitolo al cinema o magari in Tv, ma nel frattempo il 20 febbraio è uscito un fumetto (ad opera di Lucky Red e La Gazzetta dello Sport) che narra una storia autoconclusiva collocata cronologicamente dopo i fatti avvenuti nel film.

David di Donatello 2016

Miglior regista esordiente a Gabriele Mainetti
Miglior produttore a Rai Cinema e Goon Films
Miglior attrice protagonista a Ilenia Pastorelli
Miglior attore protagonista a Claudio Santamaria
Miglior attrice non protagonista a Antonia Truppo
Miglior attore non protagonista a Luca Marinelli
Miglior montaggio a Andrea Maguolo

TitoloLo chiamavano Jeeg Robot
Regia: Gabriele Mainetti
Anno: 2016
Produzione: Italia – Rai Cinema, Goon Films – Durata: 118 minuti
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Menotti
Fotografia: Michele D’Attanasio
Montaggio: Andrea Maguolo
Effetti speciali: Chromatica
Musiche: Gabriele Mainetti, Michele Braga
Interpreti: Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli, Luca Marinelli, Stefano Ambrogi


Trailer