Forlorn Hope, un corto ‘lovecraftiano’ ambientato durante la Guerra dei Trent’anni
Forlorn Hope 1631 è un cortometraggio realizzato nel 2009 da Johan Karlsson; il regista ha preso ispirazione dall’ambientazione cupa dei racconti di H.P. Lovecraft. La frase nei titoli di testa su Nyarlathotep, Il Caos Strisciante, non lascia dubbi sulla fonte ispiratrice. Il Maestro di Providence ha immaginato un universo popolato da entità malvagie, divinità oppure creature provenienti dallo spazio inesplorato, o da altre dimensioni. L’uomo può solo sperare di ignorare la presenza di questi esseri tanto alieni da condurre alla follia qualsiasi mortale, e vivere al sicuro nel suo piccolo microcosmo. Di solito i racconti di Lovecraft hanno per protagonisti studiosi coinvolti loro malgrado in ricerche pericolose, in esplorazioni geografiche oppure in scavi archeologici che portano alla luce quanto dorme nell’ombra. Tutte le disavventure si svolgono tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del nuovo secolo, tuttavia le mostruose divinità sono antichissime, e anche gli uomini del passato possono averle affrontate. Non sorprende come la suggestiva e cupa interpretazione dell’universo data dallo scrittore abbia offerto spunti riutilizzati da altri narratori contemporanei. Lo stesso Conan di Robert E. Howard sembra muoversi in un mondo dominato da potenze oscure; il barbaro è protagonista di un ciclo di racconti e romanzi brevi fantasy, eppure le creature mostruose potrebbero essere la progenie degli Dei Antichi, e maghi e sacerdoti gli adepti dei culti innominabili lovecraftiani. La versatilità delle vicende create da Lovecraft non è passata inosservata a Johan Karlsson. Il suo cortometraggio Forlon Hope* è ambientato nel 1631, durante la Guerra dei Trent’anni. All’indomani della cruenta battaglia di Breitenfeld, avvenuta il 17 settembre vicino alla città sassone di Lipsia, un gruppo di soldati di ventura è sopravvissuto al massacro e vaga nella campagna. Sbandati ed incerti sugli esiti del conflitto, i mercenari si domandano quali alleanze stipulare e cercano di sopravvivere aggrappandosi ad un presente fatto di violenza e di precarietà. In una capanna incontrano un uomo, un sedicente svedese; questi promette di guidarli verso un tesoro nascosto. Il cammino si rivela più difficoltoso del previsto e gli uomini stremati dalla battaglia perdono poco a poco lo spirito cameratesco. Tra antichi rancori, provvisorie alleanze, vendette a lungo covate, si consuma il dramma…
Il cortometraggio è stato girato con mezzi davvero contenuti, compensati però dalla capacità di sfruttare al meglio le risorse disponibili. Gli interpreti sono infatti reenactors** specializzati nel ricreare scene di vita in un campo di mercenari del medioevo oppure del Seicento. Le interpretazioni sono convincenti: un serio rievocatore deve possedere la giusta presenza scenica, l’abilità marziale e la giusta espressività, per comunicare agli spettatori un quadro di vita credibile, altrimenti è solo una comparsa agghindata per sfilare durante la festa del paese. Costumi e attrezzature quindi eguagliano e superano in accuratezza quanto si vede di solito nelle pellicole in costume, e le capacità interpretative vengono valorizzate. L’accorta sceneggiatura provvede a minimizzare le eventuali inesperienze o i limiti dovuti ad un’attrezzatura modesta, e la scelta di location perse nella campagna elimina i possibili anacronismi dovuti all’urbanizzazione. Le rare sequenze di combattimento sono impeccabili, realistiche e prive di quella spettacolarizzazione pacchiana che contraddistingue molti fantasy.
Il soggetto viene sviluppato con creatività: l’orrore più autentico nasce dall’animo umano. Dal momento in cui il sedicente svedese fa la sua comparsa, il Male serpeggia tra i mercenari. La sua cupa influenza si estende tra i soldati di ventura e non si vedono mostri realizzati in modo goffo, neppure nell’epilogo. La macchina da presa si sofferma invece sugli sguardi, sui volti sfigurati dalle ferite e dalla spossatezza, dalla cupidigia e dalla rabbia, dalle inimicizie. Forlorn Hope riesce là dove tante pellicole ispirate alle opere di Lovecraft hanno fallito miseramente, forse perché il regista ‘pensa positivo’ e crea un horror intimista. Rinuncia a fare i salti mortali pur di esibire improbabili creature sovrannaturali, scenari mozzafiato o incantesimi dagli esiti apocalittici. Nella consapevolezza di non poter rivaleggiare con quanto Hollywood può permettersi di esibire, compie una scelta matura e mostra con dovizia di particolari solo quanto sa di poter far apparire convincente. Lo spirito delle opere di Lovecraft viene reso dal cortometraggio con grande rispetto. L’autore ha dato vita agli incubi narrandoli con ampie descrizioni, e i tanti aggettivi usati lasciano comunque spazio alla fantasia del lettore; inoltre gli orrori si palesano compiutamente soltanto nell’epilogo, oppure in momenti di climax ben distribuiti nel corso della narrazione. E’ quanto avviene in Forlorn Hope, omaggio al Maestro di Providence e concreta dimostrazione di come sia possibile inscenare vicende horror ricche di tensione con buone idee e tanta passione.
Per chi fosse interessato a vedere Forlorn Hope, è disponibile su Youtube suddiviso in 5 parti e sottotitolato in inglese.
Note
* L’espressione inglese Forlon hope era una deformazione dell’olandese verloren hoop, soldati perduti.
** Termine inglese traducibile con la voce italiana “rievocatore”: una persona che, per hobby e dopo attente ricerche storiche,impersona un ruolo e ricrea alcuni aspetti di un evento o di un periodo storico.
(Fonte: Wikipedia)