La diabolica invenzione (1958)

Che la moda steampunk abbia fatto il suo ingresso nel mondo del cinema nel corso degli ultimi venti anni è un luogo comune. Di certo prima di allora le pellicole ambientate in un ‘800 alternativo erano condizionate dagli alti costi produttivi, e i risultati spesso erano davvero ingenui. Per portare sullo schermo gli ambienti vittoriani popolati di macchine ed invenzioni mirabolanti occorreva il lavoro di esperti scenografi, e l’uso di modellini e diorami era indispensabile. L’affermarsi della grafica digitale ha permesso di raggiungere risultati estetici altrimenti impensabili, eppure c’è stata un’eccezione. Oltre alle ingenue versioni dell’epoca del muto di 20000 leghe sotto i mari e alle rivisitazioni coloratissime fiorite tra anni Cinquanta e Sessanta, c’è stato un piccolo grande capolavoro: La diabolica invenzione (Vynález skázy), una pellicola del 1958 firmata dal cecoslovacco Karel Zeman.

Il regista ha trasposto il romanzo Di fronte alla bandiera (Face au drapeau) di Jules Verne. Invece di ricorrere esclusivamente a ricostruzioni allestite in teatri di posa, ha utilizzato riprese con attori in carne ed ossa e disegni animati. La riuscita fusione ha dato vita a immagini raffinate, ispirate a Rion e Benett, illustratori delle prime edizioni dell’autore francese. Utilizzando retini, immagini sovraimpresse e filtri, l’autore ha catturato lo spirito favolistico proprio dei libri, e lo ha reso intatto all’occhio degli spettatori. Il bianco e nero uniforma i diversi stili dell’animazione, avvicina la fotografia all’incisione d’epoca e contribuisce a creare una patina di magia che si estende a tutti i fotogrammi. La vicenda narrata offre numerose occasioni per mostrare oggetti ed invenzioni magari estranee alla trama del romanzo, tuttavia presenti nell’immaginario dello scrittore. Fondali marini con piovre e pesci giganteschi, aerei spinti a pedali come biciclette e areonavi, mongolfiere e sottomarini avveniristici, isole sovrastate da misteriosi castelli prendono vita davanti agli occhi degli spettatori, suggestionando la fantasia con invenzioni visive degne di Georges Méliès (1861 – 1938). Come l’illusionista e regista d’inizio secolo, anche l’arte di Karel Zeman vive di invenzioni mirabolanti; la vicenda fa poi leva su stereotipi radicati nell’immaginario collettivo.

La diabolica invenzione

La diabolica invenzione narra le disavventure del giovane Hart (Lubor Tokos), assistente dell’anziano professor Roch (Arnest Navrátil). Entrambi vengono rapiti dall’aristocratico conte d’Artigas (Miroslav Holub) e portati all’interno di un cratere su un’isola deserta. Ad entrambi è chiesto di perfezionare un esplosivo la cui detonazione sprigiona energia, applicabile per scopi pacifici o per costruire armi distruttive. Roch pensa di avere a che fare con un prestigioso ed eccentrico mecenate e lo asseconda. Crede che il nobile si diletti di esplorazioni sottomarine e recuperi oggetti di valore dai relitti naufragati anche secoli prima. Hart invece comprende subito le reali intenzioni, quando vede colare a picco i resti di una nave colpita dai cannoni, e si rifiuta di aiutare il nobile. Qualche tempo prima del rapimento questi ha inscenato il naufragio di un sottomarino sperimentale; se ne è impadronito e intende usare le invenzioni di Roch per impadronirsi del mondo. Con l’aiuto della bella Jana (Jana Zltloukalovà), sopravvissuta all’affondamento della nave assalita, Hart mette in guardia il suo mentore, infine avverte le autorità lanciando un messaggio con un pallone aerostatico. Il vecchio scienziato comprende i suoi errori e davanti alla flotta accorsa in aiuto e destinata a morte certa si sacrifica facendo saltare in aria un micidiale cannone creato per difendere l’isola da occhi indiscreti. Hart e Jana riescono a fuggire appena in tempo, volando via dal cratere su una mongolfiera.

Le disavventure vengono rivisitate sminuendo il messaggio patriottico presente nel testo. Nelle pagine lo scienziato riacquista la consapevolezza delle conseguenze dei suoi atti davanti a una bandiera del suo Paese che sventola sul pennone di una delle navi inviate dai governanti per sventare i piani del Conte. La presa di coscienza nel film avviene prima dell’atto estremo di ribellione, e viene suscitata dalle parole di Hart. La scelta di trasformare l’epilogo è ben comprensibile, in un mondo che aveva visto le conseguenze del nazionalismo e stava assistendo al proliferare delle armi atomiche. La difesa della Patria passa in secondo piano, surclassata dai più attuali temi dei controversi rapporti tra la scienza teoretica e le sue applicazioni civili o belliche. Verne non poteva saperlo, l’esplosivo capace di liberare energia sfruttabile come forza per muovere macchinari, o come arma prelude all’era atomica. Il regista invece può fare il paragone, e sfrutta le somiglianze per far riflettere sull’uso sconsiderato delle applicazioni scientifiche. La narrazione rifugge comunque da toni moraleggianti o didattici, sia perché le riflessioni sono inserite in un contesto spettacolare, sia per la vena umoristica che pervade il racconto e ne stempera le sfumature più drammatiche.

 

La diabolica invenzione

I personaggi, seppure delineati con pochi tratti significativi, assumono una fisionomia propria. Il vecchio scienziato è vittima della sua stessa ingenuità, frutto di un’esistenza trascorsa confinato negli ambienti accademici così lontani dalla vita quotidiana. Hart è un ingegnere, e davanti al pericolo si trasforma in uomo d’azione. Jana non è una bella fanciulla inerme che attende di essere salvata, conserva il sangue freddo e si dimostra coraggiosa. La ciurma e il loro capitano hanno tutte le caratteristiche attribuite ai pirati dei vecchi film di avventura, riviste in chiave comica. Non ci sono vere e proprie gag umoristiche, quanto brevi battute o inquadrature capaci di suggerire il senso tragicomico della narrazione. Osare di più avrebbe comportato lo sconfinamento in una commedia, alterando profondamente lo spirito della letteratura del tardo Ottocento e svilendo la magia creata dalla raffinata animazione.
La pellicola omaggia un’epoca e un genere narrativo colto nei suoi esempi più fulgidi. I romanzi di Jules Verne continuano ad incantare i lettori di oggi spesso profetizzando scoperte realmente realizzate, e così La diabolica invenzione resta attuale. Le varie trasposizioni cinematografiche dei romanzi d’avventura fantastica che si sono susseguite erano basate sull’uso (e abuso) degli effetti speciali disponibili in quel periodo. Era il modo più diretto per suscitare il sense of wonder, sebbene a distanza di pochi anni dalla prima proiezione quelle pellicole apparivano sorpassate, aprendo la strada a remake purtroppo realizzati con la medesima filosofia. Lo stile particolarissimo di Karel Zeman invece ha sottratto la pellicola all’oblio. Recentemente restaurato, La diabolica invenzione ha ancora molto da dire ai registi d’oggi.

 

Autore: Cuccu’ssette – Stanchi del ”solito” cinema ? Troverete su Fendenti & Popcorn recensioni di pellicole fantasy, fantascientifiche, horror, surreali, storiche, famose o tutte da scoprire.

 


 

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