Un medico californiano si rende conto che la città dove vive è stata invasa dagli extraterrestri e scopre che i suoi abitanti sono stati sostituiti, durante il sonno, da duplicati alieni incapaci di provare qualsiasi emozione…

L’invasione degli ultracorpi e la sua eredità

 

L’invasione degli ultracorpi” (Invasion of the Body Snatchers – 1956) è un iconico classico della fantascienza che continua ad affascinare il pubblico con la sua narrazione inquietante e al contempo stimolante. Diretto da Don Siegel (qui alla sua prima e unica incursione nel genere) e adattato dall’inquietante e allusivo romanzo di Jack FinneyThe Body Snatchers” (ovvero ‘i ladri di corpi’), questo film testimonia tutto il potere del mezzo cinematografico. Il suo impatto sul genere si fa sentire ancora oggi, poiché ha ispirato vari sequel e remake, ognuno dei quali cerca di offrire una prospettiva unica partendo dalla stessa premessa agghiacciante.

Il film è ambientato nella città immaginaria di Santa Mira, in California, dove il dottor Miles Bennell, interpretato brillantemente da Kevin McCarthy, inizia a scoprire una verità terrificante. I cittadini vengono gradualmente sostituiti da duplicati privi di emozioni, cresciuti in baccelli giganti (originati da semi ‘alieni’ piovuti dallo spazio), dando il via a una storia da incubo fatta di paranoia e perdita di identità. Infatti, come in un incubo, la sostituzione (anche mentale) degli individui originali da parte delle copie avviene durante il sonno quando si è incoscienti e privi di difese. Il tema centrale del film è una potente allegoria della paura del conformismo e della perdita di individualità in una società omologata, in particolare durante il culmine della ‘paura rossa’ del comunismo e la conseguente caccia alle streghe del maccartismo negli Stati Uniti. Eppure, a differenza di altre pellicole coeve o precedenti, dalla tematica in qualche modo similare sulla possessione aliena (come Gli invasori spaziali, 1953), “L’invasione degli ultracorpi” non appare datato, anzi il suo messaggio o metafora, svincolato da chiavi di lettura politiche contingenti od opinabili, rimane sempre attuale e di grande forza. Basti ricordare il clima paranoico creatosi durante la recente pandemia: la controversa caccia agli ‘untori’ che non volevano conformarsi alle nuove restrizioni sociali e imposizioni sanitarie, il tutto accompagnato anche da una martellante propaganda mai vista prima nel mondo occidentale ‘democratico’.

Ciò che distingue “L’invasione degli ultracorpi” da altri film di fantascienza del periodo è la sua implacabile tensione e suspense, amplificate dalle iconiche sequenze aliene dei baccelli che fungono da sinistre incubatrici per i cloni destinati alla sostituzione degli umani. La salda regia di Siegel e la splendida fotografia in bianco e nero, in particolare l’uso delle ombre e dei primi piani, crea effettivamente una sensazione di terrore e claustrofobia. La colonna sonora è affiancata da inquietanti sonorità (i baccelli che si schiudono), che aumentano il disagio provocato dalla visione del film, facendo sembrare ogni piccolo rumore una minaccia incombente. Tra le sequenze più memorabili ricordiamo quella in cui il doppio di Jack Belicec (King Donovan) si sveglia mentre ‘l’originale’ è immerso nel sonno, oppure quando il dr. Bennel scopre nella serra i baccelli che si stanno schiudendo.
La recitazione è di alto livello, soprattutto quella di Kevin McCarthy e Dana Wynter (prototipi perfetti dell’americano medio cinematografico di bell’aspetto), che trasmettono in modo convincente la crescente disperazione dei loro personaggi che vedono sgretolarsi inesorabilmente la loro rassicurante realtà nella pacifica cittadina di Santa Mira. Anche il cast di supporto, tra cui King Donovan e Carolyn Jones, offre performance encomiabili. Nella parte del benzinaio troviamo Sam Peckinpah, il futuro grande regista di film epici e violenti, soprattutto di ambientazione western.
Il finale del film è ormai leggendario e aperto a interpretazioni, con il disperato urlo del protagonista che non riesce a farsi ascoltare sulla terribile minaccia che incombe sull’umanità. Il tutto assurge a simbolo della lotta perpetua contro l’omologazione e il desiderio di conservare la propria individualità fatta anche di legami e sentimenti importanti. La scena finale rimane uno dei momenti più memorabili della storia del cinema. In verità la ‘cornice’ ospedaliera parzialmente rassicurante, collocata all’inizio e alla fine della vicenda, dove il dottore fuggitivo riesce a raccontare la sua storia agli increduli ascoltatori di un ospedale, fu voluta dai produttori della Allied Artist, contro il parere di Don Siegel, che giudicavano il finale troppo pessimista per i gusti del pubblico. Don Siegel non era d’accordo neanche sul titolo, infatti aveva proposto, da insonne di vecchia data, Sleep No More (Non dormirai mai più), assai più evocativo e spaventoso di quello poi effettivamente usato tratto dal romanzo di Finney. Piuttosto risibile il termine ‘ultracorpi’ del titolo italiano, segno di una visione della fantascienza alquanto puerile.

Sequel e remake hanno cercato di ricreare la magia dell’originale e, sebbene alcuni si siano avvicinati, nessuno è riuscito a replicare completamente la sua atmosfera unica. L’adattamento del 1978 Terrore Dallo Spazio Profondo, diretto da Philip Kaufman, ha aggiornato con successo la storia in ambiente urbano per riflettere le paure culturali di quell’epoca, mentre il controverso remake del 1993 (Ultracorpi: L’invasione continua), diretto da Abel Ferrara, ha dato una svolta diversa alla narrazione ambientata nell’opprimente location di una base militare. Nel 2007, un altro remake meno riuscito, Invasion, con Nicole Kidman e Daniel Craig ha cercato di esplorare i temi dell’identità e della fiducia nel prossimo. Questi adattamenti hanno i loro meriti, eppure l’originale del 1956 continua a occupare un posto speciale nel cuore degli appassionati di fantascienza e non. Non va dimenticata neanche l’influenza diretta o indiretta del film avuta sull’opera di grandi registi come Hitchcock, Polanski, Lynch, e soprattutto sul film cult ‘cospirazionista’ di John Carpenter, Essi Vivono (1988). Possiamo affermare che con “L’invasione degli ultracorpi” nasce il cinema del ‘perturbante’ di ascendenza freudiana che ci mostra come tutto ciò che ci è familiare e rassicurante possa divenire ignoto e destabilizzante.

 

Titolo: Invasion of the Body Snatchers
Regista: Don Siegel
Produzione: Allied Artist – USA – 1956 – Durata 80 min.
Sceneggiatura: Daniel Mainwaring, Richard J. Collins – Adattato da: “L’invasione degli ultracorpi” di Jack Finney
Fotografia: Ellsworth Fredericks
Effetti speciali: Milt Rice
Musiche: Carmen Dragon
Cast: Kevin McCarthy, King Donovan, Larry Gates, Dana Winters, Marie Selland, Sam Peckinpah

 

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