Fire and Ice poster

 

E’ piuttosto difficile trovare cartoni animati realizzati da produzioni occidentali con soggetti fantasy adatti a spettatori adulti. Prima che la concorrenza giapponese obbligasse i registi ad un confronto con la libertà espressiva del Sol Levante, i cartoni erano intesi come intrattenimento per i più giovani. Le fiabe funzionavano perché inserivano gli elementi tipici del fantasy in un contesto rassicurante, privo di violenza troppo esplicita. Che l’animazione potesse narrare vicende fantastiche e avventurose risolvendo l’annoso problema degli effetti speciali, sempre troppo costosi e mai adeguati alle intenzioni, non era così ovvio proprio a causa dei pregiudizi. Tentativi in tale senso furono Wizards (1977) e la trasposizione de La Compagnia dell’Anello (1978), dirette dell’israelo-americano Ralph Bakshi. L’idea alla base del lavoro del regista era quella di sfruttare la tecnica del rotoscope. Le sequenze venivano prima filmate con attori in carne ed ossa e su quella traccia gli animatori potevano lavorare, creando immagini animate più realistiche. Doveva essere la soluzione ideale per rappresentare vicende fantasy, nonostante comportasse una lavorazione più complessa e costosa: in pratica era come filmare due volte la stessa pellicola. Il vantaggio riguardava soprattutto quei soggetti che necessitavano di numerosi effetti speciali, perché la fantasia visionaria poteva sbizzarrirsi con soluzioni visive inusuali. Al posto di trucchi rozzi e attori inadeguati a rivestire i panni degli eroi, c’era l’astrazione del disegno animato. I movimenti e le espressioni finalmente potevano godere di una notevole verosimiglianza, anche in situazioni meno ovvie, come nella rappresentazione di corse, duelli all’arma bianca e scene di azione. Oggi il rotoscope è superato e il ritocco digitale ne fa le veci, ma negli anni Ottanta era all’avanguardia. Nel percorso artistico di Bakshi l’uso del rotoscope è ricorrente, e necessario alla sua poetica visiva. Le vicende da lui rese sullo schermo hanno una forte componente di fisicità, i personaggi parlano poco e combattono, corrono, saltano… Un modo di raccontare ispirato ai classici Disney sarebbe stato inadeguato, e giustamente il regista scelse la tecnica espressiva più confacente al tipo di soggetto. Il successivo Fuoco e ghiaccio (Fire And Ice, 1983) fa propria l’estetica della serie animata Masters of the Universe, migliorandola e sfruttandola per creare un linguaggio autonomo.

Fire And Ice

Purtroppo il grosso pubblico aveva snobbato i precedenti lavori di Bakshi, con motivazioni diverse. Wizards era una pellicola a suo modo d’essai, mentre Il Signore degli Anelli portava in scena solo un terzo del romanzo. I fan rimasero delusi anche per le scelte nel design dei protagonisti, mentre i neofiti stentavano a comprendere gli eventi perché la pellicola, sebbene più lunga dei consueti spettacoli, poteva dare poco spazio alle spiegazioni necessarie per appassionarsi davvero al mondo creato da Tolkien. Per il successivo Fire and Ice, il regista scelse di avvalersi della collaborazione del prestigioso illustratore Frank Frazetta. L’ artista esperto nella heroic fantasy collaborò alla sceneggiatura. Stavolta il soggetto era tutto nuovo e non doveva confrontarsi con ingombranti capolavori del genere. Era il 1983, l’animazione giapponese ormai stava conquistando palinsesti televisivi e il fantasy faceva il suo ingresso nella cultura popolare, con i primi giochi di ruolo e alcune interessanti serie animate a tema. Che i cartoni potessero piacere a tutti a patto di sfruttarne le peculiarità per narrare una vicenda adatta al gusto degli spettatori, era un concetto nuovo, e Bakshi si era reso conto delle immense potenzialità del mezzo espressivo. Stavolta il regista aveva le idee più chiare sul tipo di pubblico interessato da una storia di spada e stregoneria. Forse il flop de Il Signore degli Anelli gli era stato di insegnamento, e aveva compreso come i tempi non fossero ancora maturi per firmare un blockbuster, eppure qualcosa stava cambiando nella mentalità, ed era possibile creare un prodotto alternativo destinato ad essere goduto da una speciale nicchia di appassionati. Nacque così Fire and Ice, fiaba per adulti dai toni cupi. E’ il tratto del celebre pittore a caratterizzare tutta la vicenda, ambientata in un immaginario passato del nostro pianeta, all’epoca dell’ultima glaciazione. Il mondo è diviso tra i freddi regni del Nord, coperti di ghiaccio, e il fertile Sud, coperto da giungle.

La regina Jarol, con i suoi figli Taro e Tygra regna sul sud. Quando il regno del Nord avanza sotto il comando del Signore del Freddo Necron, uno stregone negromante, il regno del Sud organizza la difesa. Taro cade sotto i colpi delle malvagie creature di Necron, mentre Tygra viene rapita. Dopo aver superato ogni genere di pericoli, Tygra verrà salvata dall’ eroico Larn, che insieme a lei cercherà di sconfiggere il malvagio Necron…

Fire And Ice

L’ambientazione può oggi apparire ingenua, e per molti aspetti lo è davvero, se paragonata a quanto il genere ha potuto esprimere negli ultimi anni, grazie alle conquiste della grafica digitale e allo sviluppo autoriale che ne è seguito. Bakshi non aveva la possibilità di confrontarsi con tanti altri registi, o di scegliere tra svariati stili. Di conseguenza utilizzò l’animazione tradizionale per rappresentare il suo mondo immaginario, e vi immise caratteristiche tipiche dei fantasy veri e propri, come le stregonerie di Necron, e i vari mostri umanoidi, che difficilmente potrebbero essere scambiati per esemplari di ominide, e ricordano gli orchi già visti ne Il Signore degli Anelli. Curiosa la presenza di animali che, a rigore scientifico, dovrebbero essere estinti da un bel pezzo: da dinosauri – dragoni, pterodattili che se ne volteggiano nei cieli, coccodrilli giganteschi. Questa commistione tra fantasia e particolari pseudo storici è tipica dell’ultima fase attraversata dai vecchi peplum. Incapaci o impossibilitati a narrare la Storia basandosi sul parere di esperti, i registi dei film in costume avevano prima proposto rivisitazioni fantasiose della mitologia, poi si erano sbizzarriti creando nuove avventure per eroi famosi, infine avevano generato personaggi nuovi vagamente ispirati alle leggende. La platea conosceva bene Maciste o Ercole, Ursus o Sansone, e il loro passato immaginario: poteva accettare anche la preistoria fantasy del mondo di Fire and Ice. Un altro tipo di sforzo veniva chiesto loro. Dovevano anzitutto venire a patti con il mezzo espressivo nuovo, ed era uno sforzo notevole per gli spettatori abituati alle sdolcinature disneyane. Era impensabile proporre loro un intreccio anticonvenzionale o un’ambientazione del tutto nuova su un pianeta lontano, oppure personaggi tormentati da dilemmi, raccontando il tutto con l’animazione. Il flop de Il Signore degli Anelli era stato la prova decisiva, se il mezzo espressivo era usato con uno spirito nuovo, c’era poco posto per altre innovazioni.

Fire and Ice

La sceneggiatura a tratti didascalica va così dritta allo scopo, intrattenere con una vicenda ricca di azione e meraviglia, con lo stile pulp che tanto fece amare la rivista Weird Tales. Sulla falsariga dei racconti editi dal famoso magazine, fornisce precisazioni a volte inopportune che esasperano i toni naif di una vicenda altrimenti rivolta agli spettatori maturi. Esemplare è il design dei personaggi principali. L’erotismo tipico delle narrazioni pulp prorompe nelle forme sensuali di Tygra e nei muscoli anabolizzati del compagno. La principessa sembra una pornostar e come guerriera è davvero poco credibile; il suo partner assomiglia a un bodybuilder in succinto slip. Sono eroi di cartapesta in un mondo altrettanto fittizio, e proprio il loro distaccarsi da ogni verosimiglianza permette a Frazetta di raffigurarli secondo i propri ideali estetici che poi sono quelli dell’epica barbarica/muscolare di Conan il Barbaro. E’ una questione di gusti, non certo di qualità artistica delle immagini: in fondo, la credibilità non è tutto, né è indispensabile in un mondo dove i cavernicoli lottano contro belve preistoriche e la magia è reale. Duelli e lotte invece hanno un certo realismo: non siamo allo splatter, ma neppure alle rappresentazioni di una violenza edulcorata e resa meno distruttiva sulla falsariga di Disney e dello scontro tra il principe e la strega Malefica trasformata in drago ne La Bella addormentata.
L’animazione è diversa sia dallo stile americano sia da quello nipponico, e ricorda sia i precedenti film di Bakshi, sia i cartoon dei Masters of the Universe, sia i fumetti proposti dalle riviste Heavy Metal e Metal Hurlant.
I fondali, dipinti dall’illustratore, sono magnifici, e in essi i personaggi acquistano una certa tridimensionalità. I dialoghi sono ridotti all’essenziale, tutti parlano poco, e quanto dicono è epico, sebbene prevedibile. La vicenda scorre abbastanza bene, a patto di rinunciare alla verosimiglianza o all’introspezione. La bellezza di Fire and Ice è visiva, e l’intreccio appassiona quanti amano il fantasy e il cartone animato di qualità.

Fire and Ice

Quando il film uscì nelle sale italiane, per la sua natura di pellicola inusuale e poco adatta ai gusti di una platea ancora abituata alle melensaggini del peggior Disney finì proiettato nei cinema d’essai. Probabilmente molti spettatori si erano accorti del calo qualitativo della major, e si stavano stancando delle canzoncine e degli animali antropomorfi, e delle vicende poco originali. Dal rifiutare i bamboleggiamenti al far propria la causa del cartone animato come strumento narrativo capace di dar corpo a qualsiasi vicenda, il passo era però ancora troppo lungo. Diversa fu la sorte di Fire and Ice in Francia, dove uscì come Tygra – la glace et le feu. Il pubblico francofono, colpito evidentemente dall’eroina Tygra sempre seminuda, era stato abituato a fumetti e film di animazione d’autore, dove c’erano state le esperienze di Moebius e degli autori delle riviste Heavy Metal e Metal Hurlant. Il clima culturale era assai diverso da quello italico, e il fumetto rivolto agli adulti aveva preparato il terreno a usi adulti della tecnica di animazione. E’ comprensibile quindi come in Italia Fire and Ice per molti anni sia stato una vera rarità, oggetto di scambio tra collezionisti. Venne trasmesso anni fa su RAI 3 ad un orario impossibile, in piena notte in un giorno infrasettimanale, e per molto tempo l’unica possibilità di visionarlo era ricorrere a registrazioni clandestine, oppure alla versione in lingua inglese.
Reso alla fruizione dalla facilità di riproduzione su supporto digitale, Fire and Ice merita la visione, a patto se ne sappia cogliere il fascino vintage. E’ un film decisamente invecchiato, e nemmeno troppo bene, però ha segnato la storia del cinema di animazione. Se il cartone animato è uscito dal ghetto delle innocue produzioni per preadolescenti, è anche grazie a pellicole coraggiose come questa.

 

Autore: Cuccu’ssette – Stanchi del ”solito” cinema ? Troverete su Fendenti & Popcorn recensioni di pellicole fantasy, fantascientifiche, horror, surreali, storiche, famose o tutte da scoprire.

 

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