I migliori film horror americani degli ultimi anni

Esiste un cinema horror ‘mainstream’, di discreto successo commerciale, basato sui ‘jump scares’, su ettolitri di sangue e sui soliti cliché narrativi propri del cinema di genere orrifico. Poi esiste (per fortuna) anche un cinema horror che potremmo definire “d’autore” ovvero dove l’allegoria, il simbolismo o il messaggio sociale prevalgono sullo spavento immediato che ci fa saltare sulla poltrona; è un cinema che risulta profondamente disturbante anche dopo che la visione della pellicola è terminata. Certo, è un cinema horror più sofisticato, meno fruibile e talvolta di oscura interpretazione ma che conquista il cinefilo con le sue atmosfere avvolgenti e inquietanti e con le sue tematiche scomode ed ‘estreme’. Su Fantasticinema abbiamo già recensito alcuni di questi horror recenti dall’impronta autoriale (The Witch, It Follows, Goodnight Mommy…) ma nella seguente panoramica proveremo a completare il discorso, mettendo in evidenza le migliori pellicole horror (secondo noi) uscite negli ultimi anni.

 

 

Starry Eyes (2014)

 

Starry Eyes

 

Classica produzione indipendente low budget, Starry Eyes (USA, 2014) compensa i suoi limiti con una scrittura fuori dall’ordinario che ci porta nel mondo del cinema, ma non quello dorato delle ‘star’ hollywoodiane ma quello oscuro degli aspiranti attori e delle comparse in eterna attesa di un provino o di una particina. I giovani registi Kevin Kölsch e Dennis Widmyer fanno entrare lo spettatore in questo ambiente dalla porta di ‘servizio’, un ambiente che probabilmente conoscono per esperienza diretta, dove gettano uno sguardo impietoso dietro le quinte su questa variegata umanità che cerca di sfondare nello spettacolo a prezzo di dolorosi compromessi e umilianti casting. Gli ‘occhi stellati’ del titolo sono quelli della giovane e attraente protagonista Sarah che coltiva il sogno di diventare un’attrice di successo e sembra vedere tutto ingenuamente, cioè tutto rose e fiori (con ‘occhi stellati’ appunto). In attesa del colpo di fortuna, fa la cameriera e tira a campare insieme a un gruppo di amici nullafacenti, tutti aspiranti artisti, che passano il tempo a gozzovigliare e fantasticare su eventi che difficilmente si verificheranno. Ma l’apparentemente ingenua Sarah vuole emergere dalla ‘palude’ che imprigiona i suoi amici sfigati e le sue amiche arriviste e quando si presenta l’occasione non esiterà a buttarsi anima e corpo (soprattutto corpo) nell’impresa di sfondare nel cinema, partecipando a una serie di provini per avere una parte in un film horror, “The Silver Scream”, prodotto dalla misteriosa ma prestigiosa casa di produzione Astraeus Pictures; provini che diventeranno sempre più inquietanti ed estremi man mano che la ragazza sarà disposta a superare i suoi ‘limiti’.

Starry EyesSarah, dopo alcune resistenze e perplessità sulle richieste dei produttori, stringerà una sorta di patto luciferino con i membri dell’Astraeus che naturalmente richiederà il pagamento di un prezzo salato a livello psicofisico, in cambio dell’agognato successo. Ma Starry Eyes non prende la strada del thriller misterioso diabolico e la setta demoniaca rimane sullo sfondo, abbastanza indistinta. Invece prevale decisamente il body horror più disturbante (David Cronenberg docet!) dove il ripugnante decadimento fisico della protagonista viene a simboleggiare con forza il prezzo da pagare per ottenere fama, bellezza e ricchezza; in altre parole un’efficace metafora sulle insidie insite nel mondo del cinema, soprattutto per le persone più fragili. Dopo un percorso fatto di decomposizione corporea, allucinazioni, solitudine e istinti omicidi, alla fine Sarah, senza più freni inibitori o remore morali, rinascerà in un nuovo ‘status’ diabolico dove gli ingenui ‘occhi stellati’ saranno sostituiti dal pentacolo stellato del Maligno. Altri film hanno raccontato questo tipo di storia (Rosemary’s Baby, La macchia della morte…) ma Starry Eyes lo fa in maniera nuova con le sue atmosfere particolarmente cupe e opprimenti. Un plauso va ovviamente all’attrice Alex Essoe che mirabilmente tratteggia il suo personaggio di donna insicura e debole (nei momenti di stress si chiude in bagno per strapparsi compulsivamente i capelli) ma anche determinata e spietata quando si tratta di raggiungere i propri obiettivi.

 

 

The Neon Demon (2016)

 

The Neon Demon

 

Complementare al precedente Starry Eyes nella sua critica al mondo dell’intrattenimento, è il colpevolmente ignorato The Neon Demon (USA, 2016) del talentuoso regista danese Nicolas Winding Refn (Pusher, Drive, Bronson) insolito horror surreale, scioccante ma anche esteticamente curatissimo, che getta uno sguardo impietoso e raggelante sul mondo della moda e sui suoi malsani rituali. In questo caso la protagonista è un’aspirante modella, la giovanissima e bella Jesse (Elle Fanning), ingenua e pura ragazza di provincia che si reca a Los Angeles per fare carriera nel mondo della moda. Ma qui si ritroverà in qualche modo circuita e invidiata per la sua fresca giovinezza dalle colleghe che non vogliono essere soppiantate dalla nuova arrivata. Ma The Neon Demon non è il solito thriller su una bella ragazza in pericolo né un horror paranormale su qualche setta di streghe o vampire. In una vicenda priva di grandi avvenimenti, dai dialoghi scarni ma carica di simbolismi anche esoterici, come spettatori assistiamo al disvelarsi di un orrore essenzialmente allegorico che si insinua gradualmente ma inesorabilmente nella vita di Jesse. Alla fine la bellezza del suo giovane corpo sarà sottratta o meglio ‘consumata’ dalle sue colleghe modelle nel senso più letterale del termine.

The Neon Demon

Refn è un regista che utilizza il cinema di genere per veicolare i propri messaggi, per dire qualcosa che ritiene importante. Con The Neon Demon assesta un colpo basso al superficiale e cinico mondo della moda e alle figure (anche di contorno) che lo abitano, dalle modelle algide e crudeli ai fotografi megalomani e invasati, passando per una truccatrice dalle sinistre inclinazioni necrofile e un guardiano di motel pedofilo (interpretato da un inedito Keanu Reeves). L’innocente protagonista non ha bisogno di evolversi in qualcos’altro per primeggiare (come l’aspirante attrice di Starry Eyes) perché ha già tutto quello che serve. Ma proprio per questo non avrà via di scampo: in una sorta di rituale moderno ma al contempo arcaico (di stampo cannibalesco) di cui vedremo solo le conseguenze, la giovane Jesse sarà sacrificata dalle due modelle Gigi (Bella Heathcote) e Sarah (Abbey Lee) che temono la sua giovane bellezza e concupiscono i suoi doni naturali. Quindi come la sanguinaria Contessa Bathory, le malvagie e invidiose indossatrici assorbiranno le doti della più giovane rivale con metodi simili. Se l’aspetto puramente horror si palesa solo nel finale, il film ha come suo punto di forza l’estetica visionaria che lo caratterizza, che prevale sulla esile trama. Particolarmente suggestiva è la fotografia dai raffinati cromatismi e dalle immagini coloratissime e ipnotiche che ci ricordano visivamente l’estetica del classico Suspiria di Dario Argento. Ma se per Argento il fine del genere horror è suscitare essenzialmente paura, per Refn è solo un mezzo per raccontare qualcos’altro, seppur in modo enigmatico: una critica feroce a un mondo senz’anima dove la forma prevale sulla sostanza e talvolta la morte sulla vita.

 

 

The Evil Within (2017)

 

Evil Within

 

In questa selezione di pellicole horror “d’autore”, The Evil Within (USA, 2017) riveste il ruolo di ‘outsider’. Presentato per la prima volta in Italia al TOHorror Film Fest 2017 come film fuori concorso, The Evil Within porta la firma del problematico e controverso Andrew Rork Getty, rampollo della celebre dinastia miliardaria dei Getty le cui travagliate vicende sono state raccontate di recente nel mediocre film di Ridley Scott Tutti i soldi del mondo (sul rapimento di John Paul Getty III avvenuto in Italia nel 1973). Andrew Getty, grande cultore di cinema horror, non può essere considerato un regista professionista, ma solo un dilettante talentuoso pieno di soldi che ha voluto portare sullo schermo i suoi incubi personali e le sue ossessioni. Eppure ci è riuscito benissimo, realizzando un film imperfetto e ‘sgangherato’ ma al contempo affascinante e inquietantissimo, la cui visionarietà disturbante riesce a catturare lo spettatore. Se può essere discutibile considerare The Evil Within un film d’autore, sicuramente merita la nomea di film ‘maledetto’, dovuta alla lavorazione lunga e tormentata (dal 2002 al 2016 compreso il montaggio e la post-produzione), causata dalle intemperanze del regista sul set, persona maniacale e afflitta da problemi di dipendenza da droghe. A suggellare la fama di film maledetto ha poi contribuito la morte prematura del regista, sopraggiunta nel 2015 in circostanze piuttosto oscure. La stessa sorte era già toccata nel 2013 al co-produttore del film, Robert Stark Hickey, che si era sparato incidentalmente con un fucile.

The Evil Within

Lo schema narrativo di The Evil Within è lo stesso di Rain Man (1988) con Dustin Hoffman e Tom Cruise, con l’aggiunta degli incubi d’infanzia del regista, che ci racconta una storia sempre in bilico tra realtà e sogno. Anche qui troviamo un ragazzo mentalmente disabile assistito da un fratello ‘belloccio’ che nasconde un oscuro senso di colpa. Ma il ragazzo, di nome Dennis, rimane ossessionato dalla sua immagine riflessa da un vecchio specchio, regalato proprio dal fratello John. Dallo specchio fuoriesce una mostruosa entità, chiamata Il Narratore (infatti il titolo originario del film era The Storyteller), che gli ordina di uccidere le persone che ama di più, persuaso anche dal suo doppio riflesso malefico. Al classico tema del serial killer che scivola nella follia e nell’allucinazione, si aggiunge quello soprannaturale dell’incubo onirico (che a un certo punto sembra coinvolgere anche gli altri personaggi della storia) e quello, altrettanto classico nell’horror, del “doppio”, naturalmente più intelligente di Dennis ma malvagio e manipolatore. Film delirante, eccessivo in certi aspetti (l’insistenza sul riflesso degli specchi o sui monologhi del protagonista) e con buchi di sceneggiatura, The Evil Within riesce ugualmente a catturarci (e a turbarci) con la potenza visionaria delle singole scene e con insospettabili virtuosismi registici dalle inquadrature bizzarre. Dopo il prologo surreale-onirico alla ‘David Lynch’ con il piccolo Dennis (non ancora disabile) che visita con la mamma un luna-park degli orrori, abbiamo la scena madre (forse spesa troppo presto) della possessione del ragazzo da parte del demone che si introduce dentro di lui aprendolo con una cerniera zip e indossandolo come un abito di pelle e carne. Inquietantissima anche la scena dell’incontro incidentale al bar tra il fratello di Dennis e un uomo altissimo e deforme (Matthew McGrory). Questa scena, apparentemente slegata dalla vicenda principale, sembra sancire l’irrompere del perturbante onirico nella realtà come avviene nella serie TV Twilight Zone (citata dai protagonisti), massima espressione dell’elemento fantastico che invade il quotidiano. Nel delirante finale, il represso e vendicativo Dennis sottoporrà l’invidiato fratello e la sua fidanzata a una terribile punizione, in un tripudio di effetti speciali artigianali (non CGI) tra mostri e pupazzi animati di cui pare il tormentato Andrew Getty avesse una bella collezione nella sua villa. Bravissimo Frederick Koehler nel doppio ruolo di Dennis che dà vita a un disabile più disturbante che patetico (scordatevi Rain Man e Forrest Gump). Non dimentichiamo neanche il cadaverico Michael Berryman, l’indimenticabile mutante cannibale di Le colline hanno gli occhi (1977) nella parte del demone calvo. L’altro caratterista horror, il gigante deforme Matthew McGrory (lo ricordiamo ne La casa dei 1000 corpi di Rob Zombie), come il regista, non vedrà mai il film compiuto, infatti venne a mancare nel 2005 mentre stava lavorando a un docufilm sulla vita del wrestler André the Giant. Nella parte di John e Lydia, vittime designate della follia di Dennis, troviamo Sean Patrick Flanery e Dina Meyer (Starship Troopers).

Come già accennato, Andrew Getty non fece in tempo a vedere il suo film ultimato ma il suo testamento horror è rimasto e merita un posticino nel cinema di genere.