The Man in the High Castle – Stagione 3

 

La terza stagione di The Man in the High Castle, la serie Amazon ispirata a Philip K. Dick su una realtà alternativa, dominata dai nazisti, spinge a fondo sulla fantascienza e sull’esplorazione del multiverso senza tralasciare però i drammi umani dei suoi personaggi che combattono contro i loro regimi oppressivi.

Dopo essersi distaccata dal romanzo di Philip K. Dick, la terza stagione di The Man in the High Castle cerca un suo (difficile) equilibrio tra le storie personali dei suoi personaggi (tra intrighi, complotti, drammi familiari, amori gay…) e gli eventi più propriamente fantascientifici e misteriosi, legati ai meccanismi del multiverso e dei suoi mondi paralleli che ora cominciamo appena a comprendere. Ma intanto l’ambiziosa serie Amazon punta ulteriormente verso l’impegno e l’accorato monito nei confronti dei pericoli del nazifascismo come probabilmente non sarebbe dispiaciuto allo stesso Dick. Come per The Handmaid’s Tale, un’altra serie Tv distopica di successo tratta da un romanzo di fantascienza, ci vengono mostrati mondi da incubo dove le libertà e le conquiste sociali che oggi tendiamo a dare per scontate vengono messe in discussione, sovvertite o eliminate. Naturalmente è lodevole che la fantascienza (televisiva) si occupi di tematiche sociali e politiche che potrebbero essere difficili da affrontare in altri generi della Tv d’intrattenimento, ma aldilà dei facili parallelismi con la nostra attualità che qualcuno sarebbe tentato di fare, la forza di The Man in the High Castle è nel suo messaggio ‘universale’ in difesa di ogni libertà, da non limitare soltanto a un monito contro il ritorno dei regimi totalitari sconfitti nel secondo conflitto mondiale ma anche contro i pericoli che le nostre incerte democrazie occidentali corrono nei confronti di altre ideologie o religioni. In fondo il modus operandi dei totalitarismi è essenzialmente lo stesso.

The Man in the High Castle stag. 3

Fortunatamente The Man in the High Castle in questa terza stagione, nonostante qualche inevitabile rallentamento o incertezza, spinge forte sulla fantascienza (come avevamo auspicato nelle recensioni delle passate stagioni) e non ci fa mancare avvenimenti ricchi di pathos e colpi di scena, tra nuovi personaggi che arrivano e altri che escono definitivamente e drammaticamente di scena, mentre finalmente qualcosa comincia a essere svelato sul mistero dei mondi paralleli. La stagione 2 si era conclusa con il misterioso personaggio del titolo (Stephen Root) che rivela alla combattente della resistenza Juliana Crain (Alexa Davalos) che è lei la figura chiave nel suo progetto di raccogliere film di altri mondi. La terza stagione rivela che ogni pellicola è stato portata nel mondo ‘primario’ dove è ambientata la serie da un “viaggiatore”, ovvero un individuo con la capacità di passare da un mondo all’altro, apparentemente senza l’ausilio di apparati tecnologici. E anche i nazisti stanno facendo le loro ricerche sul fenomeno, conducendo crudeli esperimenti in una base segreta sotterranea, sotto la supervisione di uno spietato dr. Mengele. Le modalità del viaggio ‘interdimensionale’ continuano a essere poco chiare o convincenti ma intanto veniamo a conoscenza di una prima ‘regola’ su questi viaggi, dalle implicazioni interessanti ai fini degli sviluppi della vicenda.

Spoiler!

Un ‘viaggiatore’ può passare in un altro mondo parallelo solo se il suo ‘omologo’ che vive nel mondo di destinazione è deceduto. Altrimenti, come hanno dimostrato le cavie umane del dr. Mengele, obbligate ad attraversare una sorta di ‘portale’, l’esito sarà fatale per il mancato viaggiatore. Quindi, salvo sorprese, non assisteremo a paradossali incontri con i propri ‘doppi’.

Ovviamente nulla di tutto questo fa parte del romanzo di Philip K. Dick su cui si basa la serie, piuttosto siamo più dalle parti di Fringe, la serie di J.J. Abrams basata sugli universi paralleli e sugli spostamenti tra l’uno e l’altro mondo. Per fortuna The Man in the High Castle rifugge dalle banali dinamiche action televisive e mantiene il suo timbro riflessivo e intimistico che ci ha accompagnato fin dalle prime puntate.
Rimane ancora ingarbugliata la vicenda dei filmati e il mistero della loro origine. Per ora sembra più importante l’impatto che hanno sui personaggi e sulle loro azioni. Se appare chiaro il ruolo di quei filmati girati in stile cinegiornale o documentaristico che mostrano le conseguenze della vittoria degli alleati che vincono la seconda guerra mondiale, utilizzati come fonte di speranza per la resistenza, più indecifrabile risulta lo scopo delle pellicole che mostrano particolari della vita privata dei singoli protagonisti come nel caso del leader nazista americano John Smith (Rufus Sewell), uno dei personaggi meglio tratteggiati della serie.

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Perché qualcuno ha portato un nastro che mostrava John Smith che beveva spensierato Coca-Cola con sua moglie e il figlio Thomas molto prima della morte dello stesso Thomas? Chi in qualche modo sapeva che Smith dovesse rivestire un ruolo importante in un altro mondo e che suo figlio sarebbe stato sacrificato in nome dell’eugenetica nazista?

La terza stagione non chiarisce ancora questi aspetti, ma intanto The Man in the High Castle è già stato rinnovato per una quarta stagione.

The Man in the High Castle - Stag. 3

 

Gli intrighi politici e i drammi familiari della vicenda di Smith offrono alcuni degli spunti più potenti e interessanti della terza stagione. Smith, che ha ottenuto una promozione per la sua fedeltà a un maniacale Heinrich Himmler (ben interpretato da Kenneth Tigar) si trova combattuto se dare priorità alla sua carriera politica oppure alla felicità e al benessere della sua famiglia, uscita distrutta dalla morte del figlio Thomas, il cui sacrificio volontario viene sfruttato come fulgido esempio dalla propaganda nazista. Inoltre il tormentato Smith, dopo aver visionato alcuni dei filmati, comincia a rendersi conto che l’amato figlio (o meglio un’altra versione dello stesso) vive felicemente in un mondo parallelo.

Uno degli aspetti più riusciti di The Man in the High Castle (uscita indenne dal brusco passaggio di consegne tra gli showrunner Frank Spotnitz ed Eric Overmyer) è la plausibilità della ricostruzione storico/ucronica di questa America soggiogata dal nazismo. Particolarmente riuscito è l’incrociarsi tra personaggi storici reali e figure inventate. Tra i nuovi personaggi storici della 3° stagione abbiamo una ‘versione’ alternativa del potente direttore del FBI J. Edgar Hoover (William Forsythe) qui al servizio del Reich e il meno conosciuto George Lincoln Rockwell (David Furr) il famigerato fondatore del partito nazista americano, ucciso in un attentato nel 1967, qui ovviamente entusiasta sostenitore e membro di alto rango del regime nazista. Altamente drammatica e sinistramente verosimile è la rappresentazione della propaganda nazista impegnata a cancellare la storia e i simboli dei popoli sottomessi, operata con la distruzione di monumenti altamente simbolici (La Statua della Libertà e le sculture del Monte Rushmore), durante lo svolgimento di grandiose manifestazioni celebrative. Ma sono soprattutto i dettagli a fare la differenza per la riuscita della serie che descrive con efficacia un mondo alternativo ma molto realistico: come le scenografie e gli arredamenti ‘nazi’ (lampade a forma di svastica), o più sottilmente, il ricorso alla psicanalisi (Helen, la moglie di Smith, va in analisi per superare il trauma della perdita del figlio) che viene considerata con diffidenza e disprezzo perché ritenuta un’invenzione ebrea. O ancora la comunità ebraica in clandestinità che celebra un Bar Mitzvah, con tutte le sue cerimonie e la sua storia contrapposta a un discorso di Himmler sull’annientamento del passato per sostituirlo con un radioso futuro di stampo nazista. Non dimentichiamo neanche le ambientazioni di ispirazione classica giapponese a San Francisco (dove ammiriamo l’approccio ‘zen’ alla situazione del ministro Tagomi) o il selvaggio West nella Zona Neutrale dove vivono e agiscono comunità rurali di fuggitivi ribelli, spie e trafficanti.

The Man in the High Castle - stag. 3

 

Juliana Crain, ormai figura sempre più centrale della vicenda e indomita eroina della resistenza, arriverà a una drammatica resa dei conti con la spia nazista Joe Blake (Luke Kleintank) e cercherà di fermare i terribili esperimenti del dr. Mengele sull’accesso ai mondi paralleli. Inoltre nell’episodio finale sarà protagonista di un colpo di scena che chiude sul più bello la terza stagione.

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Juliana, che in precedenza aveva assistito su una delle misteriose pellicole alla sua drammatica morte in una terra parallela per mano di Joe Blake, viene catturata dai giapponesi e consegnata al gerarca nazista Smith, sempre più ossessionato dall’enigma dei filmati, per essere interrogata. Ma ecco che Juliana scompare dalla sua cella, diventando probabilmente un ‘viaggiatore’ come “l’altra” sua sorella o Tagomi.

Se risulta molto riuscito e convincente il mix di elementi fantascientifici, atmosfere noir e la ricostruzione storica ‘alternativa’ di un mondo dove la 2° Guerra Mondiale ha avuto un esito diverso da quello che conosciamo, appaiono un po’ superflue e stucchevoli certe concessioni al ‘politically correct’ (forse per rimediare al coinvolgimento di Amazon nello scandalo #metoo) con la messa in scena di amori anticonvenzionali che vedono il buon Ed McCarthy (DJ Qualls) trovare l’amore tra le braccia di un cowboy di Denver e Nicole Dormer (Bella Heathcote), arrivata a New York nella terza stagione per lavorare a un progetto di propaganda nazista, iniziare un’avventura con la reporter Thelma Harris (Laura Mennell), a sua volta esempio di giornalista che opera sotto un regime fascista. Non ci si fa mancare neanche la tematica dell’arte che può diventare una forma di resistenza contro le dittature.

The Man in the High Castle 3 - Juliana Crain

Del resto molto programmaticamente, i promotori dello show hanno usato l’hashtag #resistancerises sui social media per pubblicizzare la nuova stagione, forse con il pensiero rivolto al solito detestato Trump. Purché la retorica dell’antifascismo di maniera non prevalga su tutto. Questo forse al visionario e non omologato Dick non sarebbe piaciuto.