L’indie horror di Robert Eggers

 

Tra i nuovi registi indipendenti dotati di una marcata impronta autoriale va sicuramente annoverato il newyorkese (d’adozione) Robert Eggers, che proprio nella Grande Mela ha trovato l’ambiente ideale per sviluppare e portare avanti la sua idea di cinema horror come regista, dopo varie esperienze in veste di attore teatrale, scenografo e customista. Già dal corto d’esordio, Hansel e Gretel del 2006, è evidente la sua spiccata passione cinefila a cominciare da quella per i grandi classici dell’espressionismo tedesco come il Nosferatu di Murnau. Nel sorprendente primo lungometraggio, The Witch (recensito qui), traspare anche un’altra caratteristica primaria del cinema di Eggers: la maniacale ricostruzione di tradizioni e costumi dei personaggi dei suoi film, come nel caso dei puritani del 1600 nel New England  di The Witch. Il tutto all’insegna di un cinema fantastico horror che persegue il massimo realismo nell’accuratezza delle ricostruzioni seppur ambientato in epoche o culture diverse dalla nostra. La ricerca dell’autenticità, pur sempre nell’ambito di trame fantastiche e oniriche, è presente anche nelle due successive opere di Eggers, The Lighthouse e The Northman.

 

 

The Lighthouse

 

 

The Lighthouse (2019) racconta la storia di due uomini di mare, interpretati da Willem Dafoe e Robert Pattinson, che lavorano come guardiani in un faro isolato in una remota isola del New England alla fine del XIX secolo. Il film è una vera e propria esperienza cinematografica, immersiva e totalizzante, grazie alla perfetta fusione tra la regia di Eggers, la fotografia in bianco e nero e le straordinarie performance degli attori. In particolare, Willem Dafoe offre una prestazione memorabile nel ruolo del vecchio marinaio, scontroso e misterioso, che costringe il suo giovane collega a sopportare la sua presenza costante e le sue strane e spiacevoli abitudini.

La scelta di girare in bianco e nero, con un formato quadrato (in 35 mm) e una fotografia a contrasto, conferisce al film un’atmosfera cupa e claustrofobica, che amplifica il senso di isolamento dei personaggi e rende l’ambientazione ancora più inquietante. Non ci sono facili spaventi o banali misteri da dipanare ma la pellicola è infarcita di enigmatici simbolismi, oscure superstizioni marinare (la sventura causata dall’uccisione di un gabbiano) ed evidenti richiami mitologici (i miti greci di Proteo e Prometeo) e letterari (Poe e Lovecraft). In particolare è percepibile l’influenza del racconto breve Il Tempio di H.P. Lovecraft (1920), dove in seguito al ritrovamento di una piccola scultura d’avorio i marinai di un sottomarino impazziscono e l’unico superstite rimane fatalmente attratto da una luce misteriosa proveniente dai resti di un tempio sommerso. Anche Winslow, il marinaio interpretato da Pattinson, rinviene dentro un materasso una statuetta d’avorio rappresentante una sirena, creatura mitologica che poi popolerà gli incubi erotici del giovane. E Thomas, il vecchio e tirannico marinaio di Dafoe custodisce gelosamente l’abbagliante luce del faro la cui sommità sembra nascondere una viscida creatura tentacolata. O almeno così pensa di intravedere il giovane Winslow, irresistibilmente attratto dal faro il cui accesso gli viene sempre negato. Come in The Witch, però, realtà, incubo e allucinazione si intrecciano in maniera indissolubile, perché l’approccio di Eggers al film è essenzialmente onirico a differenza invece di quello che vediamo in un altro film dalla trama molto simile, Cold Skin (2018) dove due uomini di mare in conflitto tra loro sono rinchiusi in un faro assediato da concretissime e mostruose creature anfibie. Se Winslow si dà a pratiche onanistiche immaginando una sirena e Thomas si spoglia nudo al cospetto della luce del faro, il guardiano del faro di Cold Skin copula realmente con una creatura umanoide di sesso femminile che tiene segregata.

La pellicola è un’immersione nell’orrore psicologico, con momenti di tensione che aumentano progressivamente tra i due protagonisti, in un crescendo di follia e disperazione, propiziate anche da abbondanti libagioni alcoliche, che culmina in un finale spiazzante. Un finale criptico e pregno di simbolismi mitologici che lasceremo allo spettatore il piacere di decifrare, dopo aver assistito allo scontro ‘titanico’ tra i due marinai (che non sono quello che dicono di essere), prima essenzialmente a livello verbale, poi sanguinoso a colpi di badile e ascia. Forse conviene abbandonarsi al potere suggestivo delle immagini e alla accuratissima ricostruzione, operata da Eggers, di un mondo marinaresco di fine XIX secolo che oggi non esiste più (dal dialetto parlato dai due uomini, ovviamente apprezzabile nella versione originale non doppiata, alla colonna sonora dove primeggia l’opprimente sirena del nautofono, l’avvisatore acustico del faro che allerta i naviganti in caso di maltempo).
In definitiva, The Lighthouse può essere definito un capolavoro del cinema horror, ma un horror per pochi, lontano da qualsiasi logica commerciale o facilità di fruizione.

 

The Northman

 

 

Con The Northman (2022) Robert Eggers si cimenta nell’epica vichinga, rischiando però di percorrere un sentiero sin troppo trafficato, visti i numerosi film e le note serie TV sugli ‘uomini del Nord’ assai in voga in questi anni. Passando dall’ormai ben rodato horror indie psicologico/antropologico a un fantasy storico ‘mainstream’, seppur contaminato dalle cupe atmosfere orrifiche del mito norreno, Eggers confeziona un’opera più commerciale ma anche più fruibile e di ottima fattura sotto l’aspetto tecnico e registico (fotografia, costumi, montaggio…). Anche in The Northman assistiamo a una minuziosa ricostruzione storico/mitologica degli usi e costumi norreni, che fanno da cornice a una storia classica di vendetta, già portata molte volte sullo schermo (o sul palco teatrale), a cominciare dall’Amleto di Shakespeare a sua volta ispirato ad un antico racconto islandese contenuto nell’opera di Saxo Grammaticus, storico danese di epoca medievale. Infatti The Northman narra le gesta del principe Amleth (Alexander Skarsgård) che dopo aver assistito da fanciullo alla morte del padre re Horwendil (Ethan Hawke) per mano dello zio Fjölnir (Claes Bang), consacra la sua vita alla vendetta contro l’usurpatore e al salvataggio della madre Gudrún (Nicole Kidman). Il giovane Amleth, scampato miracolosamente all’uccisione, diventa presto un feroce e nerboruto guerriero ricoperto di pelli che va all’assalto di villaggi da saccheggiare come se non ci fosse un domani, finché un giorno scopre che l’odiato Fjölnir, cacciato dal re di Norvegia, si è rifugiato in Islanda con il suo seguito di guerrieri e schiavi. Fattosi passare per uno schiavo prigioniero (in verità in modo piuttosto implausibile), si imbarca per l’Islanda…

Tra feroci combattimenti, truculente uccisioni, splendidi paesaggi nordici (esterni girati in Irlanda), riti tribali, sequenze pulp/fantasy, la vicenda procede lineare senza cambi di ritmo o grandi sorprese. Del resto, abbiamo già avuto modo di vedere tutto sull’argomento in anni recenti. A partire dalla serie TV Vikings (6 stagioni), apprezzata per la riuscita fusione dell’aspetto storico con quello fantastico, più contenuto e sfumato, passando per il kolossal russo Viking (2016), ricco di epiche battaglie sontuosamente coreografate, fino ad arrivare a Valhalla Rising (2009) per certi aspetti il più simile a The Northman per cifra stilistica e protagonista ma con una narrazione più astratta ed ellittica. Consapevole di doversi distinguere da questi precedenti e di dover giungere a qualche compromesso per il suo primo film con le majors, Eggers cerca di conservare la sua impronta autoriale per quanto possibile: in fase di sceneggiatura è ricorso al contributo dello scrittore  e poeta islandese Sjon studioso delle saghe norrene, sempre per ricercare un effetto di massima autenticità.
Tuttavia, nonostante i virtuosismi cromatici della fotografia di Jarin Blaschke, la meticolosa ricostruzione di scenografie (Craig Lathrop) e costumi (Linda Muir), la prestante e virile interpretazione di Alexander Skarsgård, l’effetto déjà-vu è inevitabile per un film pericolosamente in bilico tra opera autoriale e blockbuster. I personaggi sono monodimensionali, senza troppe sfaccettature, con la parziale eccezione di Gudrún/Nicole Kidman, protagonista dell’unico ribaltamento di prospettiva di una storia, altrimenti piuttosto banale e risaputa. Intendiamoci, il film ha una sua intensità che lo rende uno spettacolo godibile e anche appagante per il virtuosismo registico messo in atto. Anche se non tutti gli ‘inserti’ fantasy sono all’altezza del tono epico/realistico del film: le visioni del mitico Albero Yggdrasill e della Valchiria (con l’apparecchio dentale?) che vola a cavallo tra le nuvole risultano un tantino pacchiane. Più apprezzabile e riuscito sotto l’aspetto fantasy risulta l’episodio del ritrovamento della spada magica (che funziona solo di notte) in una caverna custodita da un guerriero gigante mummificato che sembra rimandare ad un racconto di Conan il barbaro poi ripreso anche in una scena del film con Arnold Schwarzenegger. Suggestivo il duello con il guerriero ridestato, forse solo onirico. Nella sanguinosa resa dei conti finale con lo zio usurpatore sulle pendici di un vulcano, però la spada magica non sembra fornire questo gran vantaggio (?). Non molto incisivi risultano il cameo della cantante islandese Björk, nella parte di una veggente cieca e il personaggio di Olga (Anya Taylor-Joy), una strega di origini slave, (doppiata orribilmente con una strana parlata coatta nella versione italiana) prima compagna di schiavitù di Amleth e poi, prevedibilmente, sua amante.

Lasciamo allo spettatore decidere se The Northman rappresenta un’evoluzione del cinema di Robert Eggers verso una direzione meno pretenziosa e più fruibile oppure un passo indietro rispetto ai film precedenti, artisticamente senza compromessi. Di sicuro Eggers tornerà all’horror gotico con il remake di Nosferatu di cui sono state recentemente portate a termine le riprese. Nella parte dello spaventoso vampiro ci sarà un altro Skarsgård, il fratello Bill.

La frase: “Ti vendicherò padre, ti salverò madre, ti ucciderò Fjölnir